Come una “chiave dentro una serratura”, l’adrenalina entra nei recettori e produce nell’organismo quei cambiamenti necessari ad affrontare il pericolo che abbiamo davanti: sia la forza di correre e scappare via o di fare qualsiasi altra cosa che ci possa salvare. Allo stesso modo, lo stesso meccanismo, può essere utilizzato per entrare, sempre attraverso i recettori, nelle cellule di pazienti cardiopatici, e allentare la loro frequenza cardiaca per farli stare meglio. Perché i recettori, in generale, sono, nell’organismo umano, la leva che scatena ogni nostra reazione, anche quella del gusto o dell’odorato.
A sciogliere uno dei nodi che avevano occupato gli studi di biologi e chimici di tutto il XX secolo, è arrivata solo pochi anni fa la scoperta di Robert J. Lefkowitz e Brian Kobilka che nel 2012 si sono aggiudicati il premio Nobel per la chimica.
Lefkowitz, ospite del festival della Scienza medica di Bologna, spiega come si innesca il processo che porta alle nostre reazioni fisiologiche di fronte alle cose che ci accadono, come quando abbiamo paura: “Quando l’essere umano ha paura, le ghiandole surrenali secernono adrenalina (che può peraltro essere utilizzata come un farmaco) che entra in circolo e cerca di individuare degli organismi, dei bersagli, che sono fondamentalmente il cuore e i vasi; quando raggiunge la superficie di cuore e vasi, ci prepara a reagire, ci aiuta a dare la risposta giusta allo stimolo esterno, a incentivare il cuore ad andare più veloce, ad esempio, per correre. Infatti, esistono dei recettori sulle superficie dei vasi del cuore, che aiutano a riconoscere l’adrenalina”.
È lo stesso Lefkowitz ad utilizzare la metafora della serratura, per spiegare il meccanismo: “Potremmo dire che l’adrenalina è la chiave e la serratura sono i recettori, cosiddetti recettori adrenergici, che riconoscono l’adrenalina e solo quella: quando l’adrenalina entra nella serratura, la modifica, ne fa cambiare la forma e la cellula in cui è entrata può far ad esempio aumentare la frequenza cardiaca e produrre altri effetti sull’organismo”.
Fondamentale, questa scoperta, per la medicina e la farmacologia perché tutte queste scoperte possono “essere usate per scopi terapeutici nel caso di pazienti cardiopatici o asmatici perché l’adrenalina può avere recettori anche nelle vie aeree”. Così, allo stesso modo di ciò che accade quando l’adrenalina entra nella cosiddetta serratura, anche i farmaci possono farlo, come se fossero una chiave che però si rompe, si modifica, dopo essere entrata in modo tale che a quel punto nient’altro possa entrare”, chiarisce Lefkovitz. Per questo motivo i farmaci in questione si chiamano antagonisti o bloccanti (o meglio ancora betabloccanti, cioè bloccanti beta adrenergici dell’adrenalina): bloccano l’ingresso “per impedire che nel nostro organismo succedano cose pericolose che l’adrenalina si elevi ai recettori”. Vale a dire che se un soggetto è iperteso, non si vuole che la frequenza aumenti: con questi farmaci si può fare sì che accada.
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Importante, ancora, sapere che esistono migliaia di sostanze chimiche, ognuno delle quali ha un suo recettore: “Esistono anche quelli che mediano la capacità di vedere, di esercitare il senso del gusto e dell’odorato: il meccanismo della paura è solo uno dei modi in cui vediamo i recettori in azione nel nostro organismo”, sottolinea il premio Nobel.
È sempre Lefkowitz, inoltre, a ragionare sull’importanza, da parte della comunità scientifica di rivolgersi ai cittadini.
“Oggi negli Stati Uniti ha preso piede una tendenza anti-intellettuale; pare che la scienza e i fatti non vengano più in qualche modo rispettati – fa sapere Lefkovitz, che ammonisce: “È fondamentale sensibilizzare la cittadinanza, la gente, rispetto all’importanza della scienza in ogni ambito – che sia la medicina o lo studio dei cambiamenti climatici e altri tipi di ricerca scientifica – perché se i cittadini non comprendono bene questi aspetti, allora i politici non faranno mai le scelte giuste”. D’altro canto, tuttavia, ricorda Lefkovitz, è necessario che gli scienziati siano scrupolosi e onesti nel raccontare le loro ricerche, nel parlare di quello che hanno scoperto, senza esagerare nelle loro affermazioni, senza ingenerare false aspettative o speranze in cure miracolose: “Responsabilità dello scienziato è comunicare le scoperte in modo corretto, in un contesto che porti ad aspettative realistiche”.