L’uso del glifosato divide i grandi vini italiani. E a inseguire la svolta “green” del Prosecco stavolta è sua maestà il Barolo. “Il Veneto è più avanti di noi. Anche la Regione Piemonte deve prendere presto una posizione“, ha spiegato a La Stampa Luigi Biestro, presidente della Vignagnoli Piemontesi, la più grande associazione di viticoltori in Italia. Dopo la scelta del Consorzio di tutela del Prosecco di vietare da gennaio 2019 l’uso del glifosato (e di altri pesticidi) nelle aree di produzione del Prosecco Conegliano-Valdobbiadene Docg, i vini pregiati piemontesi sono in netto ritardo rispetto al superamento di un erbicida, come il glifosato che, pur essendo stato riautorizzato per altri 5 anni dalla Ue dopo un infuocato dibattito, è ritenuto “probabile cancerogeno” dalla Iarc, l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms.
Il diserbo con il glifosato insomma al momento non è stato messo al bando e non si pensa nemmeno di vietarlo nè in Piemonte nè in Toscana, le due regioni, insieme al Veneto, a forte vocazione vitivinicola. E così nella Langa, nel Monferrato e Roero nelle pregiate zone del Barolo, Barolo e Barbaresco continuerà ad essere impiegato il glifosato.
Il quotidiano torinese ha sentito anche l’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero che, ricordando che sul territorio regionale si è raddoppiata la superficie dei vigneti biologici, non ha aperto a nessuna svolta anti-glifosato: “In Piemonte ci sono varie produzioni che sono già molto avanti sul tema della sostenibilità, anche perché è entrato a far parte del marketing aziendale. Non c’è l’urgenza di adottare regolamenti perché di fatto arriveremmo a imporre norme superata dalla realtà dei fatti”.