A che punto è la discussione politica in tema di sicurezza stradale dei ciclisti?
Nell’Unione europea l’8% delle vittime della strada è rappresentato da chi va in bici. In Italia ogni 35 ore una persona perde la vita in sella alla propria bicicletta e nel 2015 le vittime sono state 251.
Ma aumentare la sicurezza di chi pedala non sembra una priorità .
Arenato ormai da più di due anni e mezzo al Senato (dopo l’approvazione alla Camera nell’ottobre 2014) il disegno di legge per la riforma del Codice della Strada rischia di saltare definitivamente con l’avvicinarsi della fine della legislatura.
Eppure qualcosa (poco) si muove.
“Ormai sono in discussione nelle varie Commissioni solo alcuni provvedimenti” – spiega Giulietta Pagliaccio, presidente della Fiab, la Federazione Italiana Amici della Bicicletta che ha lanciato nei mesi scorsi la campagna di sensibilizzazione #codicedisicurezza per chiedere con urgenza al Governo l’approvazione della riforma.
Delle tante proposte iniziali si dibatte dunque solo su alcune, nella speranza che almeno queste vadano in porto nei prossimi mesi: “si tratta – conferma Pagliaccio – del controsenso ciclabile, delle zone urbane con il limite di velocità a 30 km/h (le zone 30) e delle cosiddette ‘case avanzate‘, ovvero quegli spazi agli incroci con semaforo che devono essere riservati a moto e bici per permettere a questi ultimi di partire prima delle auto quando il semaforo è verde, in tutta sicurezza”. Stralciata invece la norma che prevedeva l’obbligo di rispettare una distanza laterale di sicurezza di 1,5 metri tra auto e bici in caso di sorpasso, condivisibile in via di principio ma di difficile applicabilità pratica (come accertare esattamente se la distanza è rispettata?).
Necessario cambiare stile di vita
Ma quello della sicurezza stradale è un tema ampio e una battaglia culturale: “non basta cambiare le regole – continua Pagliaccio – occorre anche riorganizzare l’urbanistica, modificare le strade delle nostre città che sono state pensate solo per le auto e non per le persone, garantire un efficiente trasporto pubblico. E ovviamente affrontare un serio lavoro comunicativo, educativo, per cambiare lo stile di vita della maggior parte dei cittadini, che continua a usare l’auto per ogni minimo spostamento”.
Quello del trasporto pubblico è in particolare un punto su cui battere, e la presidente Fiab ce lo fa capire con un esempio paradigmatico: “A Ferrara, città delle biciclette per eccellenza, ben il 27-28% della mobilità è in bici. Ottimo, si dirà , dato che la media italiana è di circa il 5%. Ma il problema è che il resto degli spostamenti avviene per il 70% in auto, perché il trasporto pubblico è quasi inesistente”.
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