Mancano pochi giorni all’appuntamento con il pagamento della prima rata dell’Imu, l’Imposta municipale unica dovuta da 18 milioni di proprietari di immobili, e della Tasi, la Tassa sui Servizi Indivisibili, che riguarda i servizi come la manutenzione stradale e l’illuminazione comunale.
Il termine ultimo per il versamento delle prime tranche è infatti il prossimo 16 giugno, mentre per il saldo ci sarà tempo fino al 16 dicembre.
ATTESI QUASI 10 MILIARDI DI EURO
Grazie alla riscossione dell’Imu, nelle casse dell’erario arriveranno quasi 10 miliardi di euro, la maggior parte dei quali (7 miliardi), derivanti dall’Imu dovuta per le abitazioni non principali. Ricordiamo infatti che dal 2016 non si pagano più né Imu né Tasi per le abitazioni principali, quelle cioè dove il possessore e il suo nucleo familiare hanno stabilito la residenza e la dimora, a meno che si tratti di case di lusso (accatastate come A1, A8 e A9); tra le prime case esentate rientrano anche quelle che figurano come abitazione principale degli inquilini in affitto. Il resto del gettito Imu arriverà da aree fabbricabili e terreni agricoli.
A pagare la Tasi saranno invece i proprietari di seconde case (e prime case solo se di lusso), negozi, uffici, immobili d’impresa e fabbricati rurali ad uso strumentale.
QUANTO SI PAGA?
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Ciascun contribuente è chiamato a calcolare per proprio conto (anche con l’aiuto di un Caf o del commercialista di fiducia) le imposte dovute.
Per calcolare l’Imu si parte dalla rendita catastale rivalutata del 5%, cui si applica il moltiplicatore, che varia in base alla categoria catastale dell’immobile(per le abitazioni è 160). Il risultato dà la base imponibile su cui applicare l’aliquota stabilita dal proprio Comune (ricordiamo che i Comuni non possono aumentare le aliquote rispetto a quelle deliberate nel 2015). L’Imu va poi pagata proporzionalmente alla quota e ai mesi di possesso. Se vi sono più comproprietari, ognuno deve pagare la sua quota. Il versamento va fatto in banca (anche on line) o alla posta con il modello F24.
LE AGEVOLAZIONI
In alcuni casi le imposte sono più leggere o non sono proprio dovute. Vediamo quali sono.
Locazione a canone concordato
Dallo scorso anno, gli immobili dati in affitto a canone concordato (in base alla legge 431/98) pagano Imu e Tasi con uno sconto del 25%.
Immobili in comodato d’uso gratuito.
Sempre dal 2016, la base imponibile su cui si calcolano Imu e Tasi è ridotta del 50% per gli immobili concessi in comodato gratuito tra genitori e figli. Per usufruire dello sconto vi sono però precise condizioni: innanzitutto il contratto deve essere regolarmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate (con un costo non irrisorio di 200 euro); poi, il comodatario (ad esempio il figlio che ha ricevuto in comodato l’appartamento dai genitori) deve stabilire lì la sua residenza; e infine, il comodante (il genitore) non solo deve risiedere nello stesso Comune in cui si trova l’immobile ma deve anche possedere al massimo soltanto un’altra abitazione in quel Comune, ovvero quella in cui abita.
Anziani in istituti di ricovero
Un anziano o un disabile che abbia trasferito la propria residenza in un istituto sanitario potrebbe non pagare Imu e Tasi per l’abitazione di proprietà lasciata vuota e sfitta: alcuni Comuni, infatti, hanno equiparato questa situazione a quella delle abitazioni principali, esenti dalle imposte. Bisogna quindi verificare se questa scelta è stata fatta dal proprio Comune oppure no.
Separati e divorziati
La casa coniugale assegnata ad uno dei coniugi in sede di separazione o divorzio è esente da Imu e Tasi perché è considerata alla stregua di abitazione principale del coniuge che ci vive.