Si chiama baskin e non è basket anche se un po’ ci assomiglia, ma non è neanche un ripiego o una pallacanestro ‘facilitata’: è un’attività sportiva originale a tutti gli effetti ed ha la particolarità di mettere disabili e normodotati insieme nella stessa squadra a giocare. Ma l’aspetto importante – e che fa la differenza – è che per i normodotati non si tratta di “fare una buona azione”, di impegnarsi socialmente, perché il senso di questa attività è che tutti devono divertirsi e sforzarsi allo stesso modo, come avviene in qualsiasi sport.
Gli esordi
Il baskin è nato a Cremona nel 2006 ufficialmente, sebbene la sperimentazione sia iniziata già tra il 2002 e il 2003 grazie ad un’idea di Antonio Bodini, che a basket ha giocato per molti anni ed è padre di cinque figli tra cui una gravemente disabile, e Fausto Capellini, un insegnante di motoria. Da allora ad oggi sono 8mila i ragazzi che la praticano in 14 società sportive solo a Cremona, oltre 80 in tutta Italia, composte prevalentemente da persone sopra i 18 anni ma anche da ragazzi più piccoli. (continua dopo la foto)
“La nostra attività è iniziata dapprima come applicazione della legge per l’integrazione scolastica dei disabili, ma poi ci siamo accorti di quanto si trattasse di un buon prodotto anche per il periodo extra e post scolastico”, spiega Bodini. L’obiettivo che da subito i due ideatori si sono posti è stato quello di pensare un’attività sportiva che divertisse allo stesso modo tutti: “Dal nostro punto di vista i normodotati non devono praticarla per spirito di abnegazione o per essere di aiuto ai disabili, perché questo comporta che ad un certo punto per forza di cose si abbandoni l’attività, perché non ci si diverte..”, racconta Bodini, che ha osservato molto ciò che avveniva all’interno della sua famiglia: “Guardavo giocare i miei figli normodotati con la figlia disabile e imparavo, studiavo”. Insieme a Capellini ha iniziato a costruire nuove regole che potessero dare la possibilità a ogni giocatore di esprimersi, divertendosi e facendo lo sforzo che un’attività sportiva richiede. Hanno costruito, rivisto, modificato le regole e alla fine il baskin ha assunto una sua completezza e armonia, che ha riscosso molto successo.
“Insomma, non è niente di simile a ciò che si chiama basket integrato, o volley integrato, per intendersi: non si tratta di inserire in una squadra soggetti con disabilità, di solito psichica, peraltro; in quelle esperienze ciò che di fatto accade è che i normodotati giocano per finta…”, chiarisce Bodini. (continua dopo la foto)
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Le regole del gioco
Le regole, che sono ben spiegate nel sito di riferimento della disciplina, possono essere riassunte così: il campo da gioco è lo stesso ma i canestri sono sei in tutto, non solo i due tipici del basket, ma se ne aggiungono altri due per squadra posizionati nella metà campo; i giocatori sono sei per squadra più otto in panchina. Nell’area circostante i canestri della metà campo sono posizionati i giocatori disabili (anche in carrozzella). “Ci siamo resi conto che lavorare per più obiettivi rafforza le capacità tattiche oltre che tecniche, perché si tratta di una situazione che crea indeterminazione; i giocatori sono sollecitati su più fronti e questo aiuta lo sviluppo delle capacità di multitasking”, sottolinea Bodini. Insomma, si deve adattare la propria performance, capire qual è il canestro migliore da attaccare in quel momento. “I giocatori sono divisi in ruoli che corrispondono alle abilità, questo è un principio base del baskin” . Ma non si fanno sconti a nessuno: “Le difficoltà ci sono per tutti”.
Mettere in gioco la creatività
Ad oggi il baskin, pur essendosi diffuso davvero molto e continuando a trovare persone interessate a praticarlo, non rientra in nessuna federazione. “In Italia esistono il Cip (Comitato italiano paralimpico) e il Coni ma il baskin non può rientrare in nessuno di questi raggruppamenti”, spiega Bodini. In Italia, tra l’altro, non esiste – come invece accade in altri paesi – una legge delle Stato che definisca ’cosa è lo sport’ e questo non aiuta. L’obiettivo, anche insieme al ministero dello Sport, è di lavorare insieme per trovare una collocazione. (continua dopo la foto)
Tanti anni di esperienza e sperimentazione, infatti, stanno dimostrando che il beneficio tratto dal baskin è enorme sia da parte delle persone normodotate che da quelle disabili. Nel sito di riferimento si legge chiaramente che nei ragazzi disabili che praticano l’attività sportiva “è aumentata la fiducia in se stessi, la capacità di coniugare il sacrificio al piacere, sono cresciute le abilità psicomotorie e quelle di interazione con i ragazzi e con gli adulti”. I normodotati “imparano ad inserirsi e ad organizzare un gruppo che conta al suo interno gradi di abilità differenti… Essi devono così sviluppare nuove capacità di comunicazione mettendo in gioco la propria creatività e instaurando relazioni affettive anche molto intense. Inoltre la condivisione degli obiettivi sportivi coi ragazzi disabili permette loro di apprezzare le ricchezze e le capacità che la diversità porta con sé”. Si tratta, dunque di uno sport per tutti ed è auspicabile che venga riconosciuto, prima o poi, come tale sotto ogni punto di vista. Almeno, questo è l’obiettivo di chi, molti anni fa, l’ha pensato a partire dall’osservazione della realtà che troppo spesso è molto più avanti delle categorie.