Disastro colposo. E’ questa l’accusa a cui dovranno rispondere sette funzionari del ministero della Salute: secondo la Procura avrebbero omesso di vigilare sul regime delle sostanze anoressizzanti. “Un fatto gravissimo che non può essere sottovalutato” commenta Federconsumatori ribadendo “l’assoluta necessità di vigilare sull’utilizzo e la prescrizione di farmaci anoressizzanti. E’ urgente garantire un adeguato livello di vigilanza, perché le nostre cronache non debbano più riportare drammatiche notizie di chi è arrivato a morire per dimagrire”.
Negli Usa la fendimetrazina è vietata da 25 anni
Si tratta di un nuovo capitolo di una vicenda che ha origini lontane. La sostanza sotto accusa è la fendimetrazina, un farmaco in grado, cioè, di attenuare la sensazione di appetito mediante un’azione diretta sul sistema nervoso centrale. Negli Stati Uniti, questa sostanza è vietata da oltre 25 anni mentre nel nostro Paese si è giunti al divieto in tempi più recenti, nel 2011. Tuttavia, i farmaci contenenti questo principio attivo hanno continuato ad essere venduti in farmacia (e in altri canali) sotto forma di medicinali galenici. E’ in questa ambiguità che hanno indagato gli investigatori dopo la denuncia presentata dai familiari di un uomo deceduto dopo l’uso di farmaci a base di fendimetrazina acquistati presso i canali ufficiali.
Omissione di controllo
Secondo gli investigatori, la possibilità di acquistare una sostanza – seppur illegale – sotto forma di farmaco galenico, era dovuta ad una “mancanza” di alcuni funzionari del ministero della Salute: secondo gli investigatori, questi avrebbero “omesso di espletare qualsiasi attività di vigilanza o comunque attivare i dovuti controlli affinché non fossero prescritte e somministrate da parte di medici e farmacisti preparazioni galeniche anoressizzanti”. E in questo modo sarebbero direttamente responsabili di almeno due casi gravissimi a Roma: la morte della signora Karageorgiou Fotini deceduta in seguito a una dieta a base di questa sostanza nel giugno 2016 e le lesioni gravissime della signora Catia Parenza, colpita da ictus a settembre 2014 e il cui marito si è unito alla causa del padre di Michele Marzulli, coadiuvandolo in una serie di esposti in giro per le procure d’Italia affinché fosse bandita questa sostanza. E poi di altri casi in giro per il paese che non ha mai smesso di rincorrere scorciatoie dietetiche.