Più esami si fanno e più aumenta la probabilità di dati discordanti. E così secondo la Società di medicina di laboratorio ben 3 esami di laboratorio su 10 sono risulterebbero inappropriati e dispendiosi. Il rischio? I falsi positivi e un ricorso smodato e infondanto alla diagnostica. “Se si continua così – ha spiegato Marcello Ciaccio in occasione del convegno nazionale Sibioc al ministero della Salute – il Servizio sanitario nazionale non potrà più essere garantito“.
La sindrome di Ulisse
“L’opinione diffusa – ha spiegato all’Ansa Renato Tozzoli del presidio ospedaliero S. Maria degli Angeli, Pordenone – è che più esami si fanno, meglio è. È vero invece il contrario: più profili di test vengono effettuati maggiore è la possibilità di risultati discordanti, il che complica la diagnosi per il medico e si concretizza la cosiddetta sindrome di Ulisse del malato che, come fece Ulisse per il Mediterraneo è costretto ad un viaggio continuo per fare altri test, non perché sia veramente malato, ma perché sono stati prescritti test non adeguati”.
La soluzione? Una valutazione più appropriata del ricorso alla diagnostica da parte dei medici di base ai quali Sibioc riserverà corsi gratuiti di formazione a distanza sui test per alcune patologie croniche.
In arrivo il test Hiv fai-da-te
Intanto da domani, 1° dicembre, nelle farmacie italiane, saranno disponibili i test per l’autodiagnosi dell’Hiv. Il prodotto, distribuito in Italia da Mylan, potrà essere acquistato dalle persone maggiorenni senza ricetta medica. Il test costa 20 euro e richiede poco tempo per essere eseguito: basta un prelievo di sangue dal polpastrello e un’attesa di 15 minuti per leggere il risultato. Già introdotto con successo in Francia, l’autotest secondo gli esperti è uno strumento utile per far emergere il sommerso delle diagnosi tardive da Hiv. In Italia si stimano da 6.500 a 18.000 persone sieropositive non diagnosticate.