Sono 691.666 gli animali utilizzati nei laboratori in Italia nel 2014 a fini di ricerca scientifica. Il dato, pubblicato per la prima volta secondo le disposizioni europee recepite dal nostro paese (Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali a fini scientifici, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 26/2014), fa riferimento al 2014 e rispetto all’anno precedente si è registrato un calo di “uso” di cavie animali di circa 30mila unità.
I topi i più sacrificati
I numeri della sperimentazione animale italiana sono stati pubblicati il 26 agosto scorso in Gazzetta Ufficiale e sono presentati attraverso sei tabelle differenti. Nella prima ad esempio vengono classificati gli animali impiegati in ricerca suddivisi per specie. Cosi scopriamo che sono stati “usati” 485.820 topi, seguono poi i ratti con 129.446 unità e i polli domestici con 28.215 capi. Nella sesta tabella vengono suddivise le cavie in base alla gravità delle procedure subite. “Questa tabella – spiega il ministero della Salute – fornisce una panoramica sul livello di gravità delle procedure (non risveglio, lieve, moderata, grave) e indica, per ogni specie, il numero di utilizzi, tenendo conto sia degli animali al primo utilizzo, sia di quelli riutilizzati”. Secondo la Lav, la Lega antivisezione, è “allarmante il dato relativo al numero di procedure classificate come gravi, oltre 21.000, dove per ‘gravi’ si intendono sperimentazioni che comportano dolore e angoscia prolungati che possono comportare il non ricorso all’anestesia, come lesioni spinali, stimolazioni elettriche, nuoto forzato e perfusione di organi”.
Lav: “Una sofferenza inutile”
La Lav, è da sempre contraria alla sperimentazione animale e già da anni ha dimostrato come esistono metodi alternativi che possono essere utilizzati in ricerca scientifica. Queste alternative inoltre hanno già in molti casi hanno completamente sostituito l’impiego di animali. Qualche esempio? Non sono più su animali i test: di gravidanza, contaminazione batterica di farmaci, produzione di anticorpi (per diagnosi e ricerca), igienico-sanitari su alimenti, tossicità su sostanze chimiche, produzione di insulina, di acido ialuronico (usato in formulazioni cosmetiche e farmaceutiche) e altre sostanze, per i crash test automobilistici.
La Lav ricorda anche che solo nel 30% delle ricerche a scopo biomedico in Italia sono utilizzati animali. Per il resto si ricorre a: osservazione dei malati, studi epidemiologici, modelli matematici, ricerca su cellule e tessuti coltivati in vitro.
“L’impegno verso la riduzione e la sostituzione degli animali nella ricerca rimane purtroppo solo sulla carta, come dimostrano queste statistiche, principio che non viene ascoltato per la mancanza di formazione, gap culturale e interessi economici, e che vincola il nostro paese a un modello fallimentare di ricerca, anacronistico”, commenta Michela Kuan, biologa, responsabile Lav area Ricerca senza animali.
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