Una tegola pesante quella che potrebbe scivolare addosso a circa 8mila pendolari se anche Trenitalia decidesse, sulla scia di Ntv, di dire addio agli abbonamenti sulla tratta ferroviaria Milano-Torino. Contro la decisione che costerebbe 1920 euro contro gli attuali 340 (stime del Corriere della Sera), il neo costituito comitato dei pendolari ha presentato un esposto al Tar di Torino, dove ha sede l’Autorità dei trasporti che i pendolari chiamano in causa.
Visti con gli occhi delle due aziende, gli abbonamenti rendono poco e sottraggono posti che potrebbero essere occupati da viaggiatori occasionali, senza abbonamento, che pagano tariffe piene. La prospettiva cambia dal lato dei pendolari per i quali il costo dell’abbonamento è ben più accessibile di un affitto di un appartamento e consente, a chi lavora in una città diversa rispetto a quella dove risiede la famiglia, di coniugare la necessità di un impiego con il piacere dei propri affetti. A mettere d’accordo i due punti di vista non c’è nessun ente o istituzione, ma ci vorrebbe “solo” un po’ di buon senso. L’Autorità , infatti, non ha potere di obbligare Trenitalia, e Ntv, a vendere gli abbonamenti perché il servizio di abbonamento dell’Alta Velocità viene qualificato come un servizio a mercato e l’abbonamento stesso come un’offerta commerciale. Dunque, non rientra nel cosiddetto servizio pubblico come, ad esempio, i convogli regionali.
Il ricorso al tribunale amministrativo ha lo scopo di richiedere che, in ragione delle caratteristiche realmente assunte dall’Alta Velocità , siano riconosciuti connotati di servizio pubblico, contrariamente a quanto espresso da Art e Antitrust e di richiedere la modifica di alcuni commi dell’atto di regolazione che non garantiscono agli abbonati la partenza ed il rientro in orari consoni alla vita lavorativa e familiare.