La Ue “Basta pesce taroccato, serve tracciabilità”

La specie più diffusa sulle tavole dei consumatori europei rischia di essere il “pesce tarocco“. Sono in aumento i casi di “sostituzione di specie” ovvero la vendita di pesci meno pregiati spacciati per specie piu ricercate. Un vero danno per le tasche dei consumatori. Secondo una ricerca dell’Ong Oceana nei ristoranti di Bruxelles ha svelato quasi un piatto di mare su tre non è quello promesso dal menu. Ora l’Europarlamento vuole porre un freno a queste frodi in danno dei consumatori varando un “sistema di tracciabilità più rigoroso e invita gli Stati membri a rafforzare i sistemi di controllo lungo la filiera ittica”.

Lo squalo spacciato per spada

Secondo i recenti dati dell’Università di Siena, dove presso il dipartimento Scienze della Vita è stato messo a punto un sistema di monitoraggio “Dna Barcoding” in grado di identificare la specie attraverso l’esame genetico del pesce e quindi contrastare i “taroccamenti”, tra i casi più frequenti di sostituzione delle specie ci sono il pangasio del Mekong o la Brotula multibarbata spacciati per cernia, l’halibut dell’Atlantico per sogliola, lo squalo per pesce spada, il pesce serra al posto delle spigole e ancora, tipi diversi di pesci africani venduti come pesce persico. Il problema è ancora più insidioso quando il pesce è venduto già sfilettato.

L’analisi del Dna

Accanto alla sostituzione di specie c’è poi l’adulterazione del prodotto: l’utilizzo di “sbiancanti” come l’acqua ossigenata (contro la quale è partita una petizione in Italia) e l’utilizzo di monossido di carbonio per evitare l’ossidazione delle carni e anche per far mantenere il colore rosso “vivo” al tonno, sono tra le pratiche più diffuse.

Per contrastare i danni del pesce taraccato l’Europarlamento domani voterà un documento per istitutire un sistema di “tracciabilità rigorosa contro l’etichettatura errata del pesce”. Se il progetto arriverà in porto verranno istituti controlli nazionali ad hoc sul pesce servito nei ristoranti e nelle mense e ispezioni mirate lungo tutta la filiera ittica per evitare un’etichettatura falsata del prodotto messo in vendita. Inoltre la risoluzione chiede anche di introdurre un “codice a barre legato al Dna” e che l’etichetta riporti tutte le informazioni sul pesce in modo tale che non si possa più “sostituire”con un altro, magari di minor pregio