La Puglia approva il regolamento per l’approvvigionamento e l’utilizzo della “Cannabis terapeutica”. Sono undici le regioni italiane in cui i farmaci a base di tetracannabinolo sono accettati dal sistema sanitario pubblico come medicamenti per contrastare gli effetti di malattie croniche come la sclerosi multipla, il cancro e la sla. Ma non tutte hanno completato la normativa che renda l’utilizzo della cannabis terapeutica veramente accessibile a tutti i malati. La delibera approvata nei giorni scorsi a Bari, la n. 512, consente ai medici di base e agli specialisti di prescrivere farmaci a base di Thc per una categoria precisa di patologie.
Ma niente coltivazione in Italia e medici restii
La Puglia si conferma così all’avanguardia rispetto alla questione dei farmaci derivati da cannabinoidi, proseguendo la strada intrapresa nel 2014 dall’allora giunta guidata da Vendola. Rimangono però i problemi annosi legati al tema, come già raccontato dal Test Salvagente: a causa della scarsa conoscenza e di pregiudizi diffusi nei confronti di una pianta, la canapa, per lungo tempo descritta come stupefacente e nient’altro, si trovano pochi medici disposti a prescrivere i cannabinoidi. E soprattutto, in Italia è vietato coltivare cannabis, anche per scopi terapeutici. Ci sono delle sperimentazioni in corso da parte dell’Istituto farmaceutico militare di Firenze e da parte del Cra di Rovigo, ma non esistono normative strutturate per creare una catena di distribuzione stabile e organizzata (i primi lotti da sperimentazione coltivati in Italia dovrebbero essere distribuiti quest’estate). Il risultato è che tutti i farmaci a base di thc, come il Bedrocan, vengono importati dall’Olanda, con costi finali che lievitano e finiscono per danneggiare le tasche del malato, quando il costo non è coperto dal sistema sanitario regionale, o le casse pubbliche, nelle regioni che coprono la spesa. Intanto, l’approvazione del regolamento in Puglia dovrebbe rendere meno farraginoso l’approvvigionamento per i pazienti di quella regione.