“L’Europa non sacrifichi agli interessi di pochi uno dei suoi principi fondamentali, quello di precauzione che stabilisce che di fronte a un possibile pericolo per la salute si debba vietare una sostanza. È il caso, chiaro, del glifosato, un pesticida che rischia di avvelenare anche i simboli del made in Italy”. È il messaggio che mandiamo col numero in edicola del Test-Salvagente e ila prima ricerca italiana, che abbiamo pubblicato, su 100 tra alimenti e acque di rubinetto italiane.
Parliamo dell’erbicida più utilizzato al mondo (dal 1992 al 2012 il suo uso è aumentato di 140 volte solo negli Stati Uniti) che nell’ultimo anno è finito al centro di una querelle scientifica e politica. Mentre la scienza è impegnata a trovare una sintesi tra due fronti opposti, quello dello Iarc (Agenzia dell’OMS) che ha classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo”, e quello dell’Efsa, che per il momento lo ha assolto, la politica sta cercando la via del compromesso.
IL MERCATO DELLE AUTORIZZAZIONI
Proprio oggi il Guardian ha anticipato quella che potrebbe essere la decisione della Commissione europea a maggio: il rinnovo dell’autorizzazione per altri 10 anni, meno rispetto ai 15 previsti in partenza, ma più dei 7 anni chiesti dal Parlamento europeo. Una settimana fa gli europarlamentari, contrariamente alle aspettative, si erano divisi sulla risoluzione votata dalla commissione Ambiente di Strasburgo, che ne chiedeva la messa al bando. La senatrice del Movimento 5 stelle Elena Fattori, presente alla conferenza stampa del Test-Salvagente, accusa: “Il Parlamento europeo approva la risoluzione per il rinnovo di 7 anni del glifosato e la Commissione europea proprio oggi ci fa sapere che potrebbe autorizzarlo per altri 10 anni: una decisione non proprio casuale. In questo modo si tradisce il principio di precauzione e si fanno gli interessi delle grandi lobby. Così come sta succedendo con le pressioni sul Ttip e sulla mancanza di regolamentazione delle nuove biotecnologie, che di fatto sono Ogm. Invito il ministro Martina a prendere una posizione netta su tutti questi elementi con atti concreti che, ribadisco, rispettino il principio di precauzione e quindi i diritti dei cittadini”.
Nel frattempo in molti paesi si allarga la schiera dei contrari e si cerca di capire dove si nasconde il pesticida più diffuso al mondo.
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UNA ROULETTE RUSSA
Il Test-Salvagente ha condotto le prime analisi italiane per scoprire il livello di contaminazione dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati. Il risultato? Una roulette russa in cui né i consumatori né le aziende possono aspettarsi la sicurezza di non trovare residui di questo pesticida. Per una stessa marca, infatti, sono stati trovati lotti in cui l’erbicida c’era accanto a lotti che non lo contenevano. Dalla pasta ai biscotti, dai corn flakes alle fette biscottate, sono circa 50 gli alimenti messi sotto la lente del numero di Test-Salvagente in edicola dal 23 aprile. In ogni caso si tratta di valori ampiamente sotto i limiti di legge. Tanto che Aidepi, l’associazione che riunisce gli industriali della pasta replica alle agenzie: “Con le quantità rilevate non sarebbe possibile superare i limiti di sicurezza stabiliti dalle autorità sanitarie neppure mangiando 200 kg di cibo al giorno”.
Un po’ più cauta la risposta di Carlo Modonesi, dell’Università di Parma e membro dell’Isde, alla domanda se queste quantità possano costituire un rischio: “Dobbiamo dire chiaramente, come scienziati, che non lo sappiamo. Al momento siamo in grado di conoscere la tossicità acuta, ossia l’avvelenamento da ingestione di grandi quantità, ma per stabilire gli effetti di piccolissime dosi prolungate nel tempo ci vorrebbero studi che al momento non ci sono”. La soluzione? Per il professore è semplice: “Il buon senso di un padre di famiglia che di fronte all’incertezza evita di utilizzare una fonte di rischio”.
Carlo Modonesi aggiunge: “Con i pesticidi rischiamo che succeda come con gli antibiotici ovvero che si sviluppi una forte resistenza. Questo è un grande problema per la medicina: le resistenze sono un fattore darwiniano e assolutamente naturale e la soluzione non è quella di aumentare la dose o sperimentare nuovi mix di pesticidi, ma di controllare gli infestanti con i loro nemici naturali e senza la pretesa di eliminarli tutti”.
ACQUA FUORILEGGE
Ben più allarmanti i risultati ottenuti sull’acqua che beviamo tutti i giorni. Abbiamo analizzato 26 campioni provenienti da diverse città italiane e in due casi, nel comune di Brusnengo (Biella) e di Campogalliano (Modena), l’Ampa, un derivato del glifosato che con l’erbicida condivide la tossicità e gli effetti a lungo termine sulla salute umana, è risultato superiore ai limiti di legge. La cosa grave è che nessuna Regione italiana – quel che ci risulta – analizza la presenza di glifosato e del suo metabolita Ampa nelle acque potabili, nonostante le raccomandazioni comunitarie.
Mariagrazia Mammuccini, portavoce della coalizione Stop Glifosato cui aderiscono 38 associazioni, ribadisce: “Le anticipazioni sulle intenzioni della Commissione Ue non vanno nella direzione degli interessi dei cittadini. Continueremo la nostra battaglia e chiediamo alle Regioni di togliere il glifosato dai disciplinari di produzione che ottengono finanziamenti Psr”. A puntare l’indice contro le Regioni, Vincenzo Vizioli, presidente dell’Aiab – Associazione italiana per l’agricoltura biologica e promotore del coordinamento Stop Glifosato, che comprende 38 soggetti non solo del mondo bio, ma consumatori, ambientalisti e associazionismo agricolo. “Abbiamo chiesto alle Regioni di togliere il glifosato dai disciplinari di produzione a cui vengono assicurati finanziamenti europei attraverso i piani di sviluppo rurale, ma finora abbiamo trovato un muro di gomma”.
In Europa, invece, l’Italia sembra andare nella direzione giusta, salvaguardando gli interessi del consumatore e anche dell’industria: il nostro ministro per le Politiche Agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina proprio al mensile dei consumatori ha anticipato il piano “glifosato zero al 2020, che punta sulla produzione integrata e sulla sostenibilità delle produzioni”. “Abbiamo stanziato 2 miliardi di euro fino al 2020 per rendere più convenienti misure alternative come le pratiche agronomiche. L’obiettivo è di ridurre sempre di più l’utilizzo della chimica nei nostri campi”.