L’Isde a Garattini: “Perché assolvere i pesticidi?”

I cibi biologici non solo hanno minore concentrazione di pesticidi ma hanno un migliore profilo nutrizionale. A dirlo il gruppo di lavoro pesticidi dell’Isde, Medici per l’ambiente, rispondendo ad una recente intervista di Mario Garattini andata in onda la scorsa settimana nel corso di un talk serale. Garattini, durante la trasmissione, sostiene che i cibi biologici sarebbero semplicemente più costosi e “autoreferenziali”, cioè i benefici sanitari della dieta biologica, sarebbero sostenuti solo dagli operatori economici del settore bio, ma, al contrario, la ricerca non ne avrebbe dimostrato i vantaggi.

“Strano che il dottor Garattini non tenga conto di numerosi lavori scientifici” scrivono i medici facendo riferimento ad una recente meta-analisi su 343 lavori pubblicati che conferma nei cibi biologici maggiori livelli di polifenoli, minori residui di pesticidi ed anche di cadmio, grazie alle diverse pratiche agronomiche con cui sono ottenuti.

Ma non solo. I medici dell’Isde si chiedono anche come Garattini possa trascurare la crescente ed imponente mole di letteratura scientifica che documenta la pericolosità dell’esposizione cronica a dosi piccole di pesticidi che – secondo l’ultimo Rapporto Efsa – sono ormai presenti in quasi la metà dei cibi che arrivano sulle nostre tavole e in più del 27% dei casi sotto forma di residui multipli e nelle acque superficiali (vedi il rapporto Ispra).

Di che pericoli parliamo? Anche in questo caso l’Isde documenta che è ampiamente acclarato come l’esposizione cronica a pesticidi possa comportare alterazioni di svariati organi e sistemi dell’organismo umano quali quello nervoso, endocrino, immunitario, riproduttivo, renale, cardiovascolare e respiratorio; con l’esposizione a pesticidi aumenta il rischio per patologie quali cancro, diabete, patologie respiratorie, malattie neurodegenerative, cardiovascolari, disturbi della sfera riproduttiva, disfunzioni metaboliche ed ormonali (specie della tiroide) e che tali rischi inoltre sono ancor più elevati se l’esposizione avviene nelle fasi più precoci della vita, a cominciare dal periodo embrio-fetale.