Una cascata di coriandoli rossi all’interno e davanti al negozio “The North Face” in Galleria San Calo a Milano. Così gli attivisti di Greenpeace hanno dimostrato il loro dissenso verso l’uso di sostanze chimiche pericolose da parte dell’azienda statunitense che produce abbigliamento, calzature e accessori per la montagna.
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Come evidenziato nel rapporto di Greenpeace “Tracce nascoste nell’outdoor“, nel quale sono stati analizzati 40 prodotti, il sacco a pelo “The North Face” ha mostrato una delle concentrazione più elevate di Pfoa, un Pfc (composti polifluorati e perflorurati) a catena lunga collegato a numerose patologie gravi tra cui il cancro, con valori sette volte maggiori rispetto a quelli consentiti in Norvegia, uno dei pochi Paesi al mondo in cui questo composto è già soggetto a restrizioni.
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Spiega Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia: “The North Face ha recentemente dichiarato di voler eliminare i PFC entro il 2020 solo dai capi di abbigliamento, continuando così a contaminare consapevolmente l’ambiente quando soluzioni prive di queste sostanze sono già disponibili sul mercato. Come intende muoversi, invece, l’azienda rispetto a sacchi a pelo, zaini, tende, scarpe e altre attrezzature outdoor?”.
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“Auspichiamo – conclude Ungherese – che The North Face agisca con l’urgenza richiesta ed elimini subito i PFC e le altre sostanze tossiche firmando un impegno Detox serio e credibile che tuteli l’ambiente e la salute dei consumatori di tutto il mondo”.
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Nel numero di marzo de il Test Salvagente in edicola a partire dal 23 febbraio affrontiamo l’argomento con un lungo articolo sui pericoli delle sostanze chimiche contenuti negli abiti e sulla legislazione paradossalmente troppo permissiva rispetto a quella cinese.