“Too big to fail”, troppo grande per fallire, è un’espressione che può (ancora) essere usata per il Monte dei Paschi di Siena? La domanda è legittima ed è mossa dai timori che, in pieno Bail in, Mps dopo i ripetuti crolli in Borsa dei giorni scorsi (ieri il titolo ha chiuso in calo del 14,8% a 0,765 euro per azione), possa presentare un conto salato ai suoi risparmiatori. Non sono pochi i lettori che in queste ore ci hanno contatto per chiederci se – davvero – “Monte dei Paschi può fallire?”, “Può far la fine di Banca Etruria?”, “È meglio se sposto il mio conto corrente in un’altra banca?”.
Gli azionisti prime vittime
Il tonfo azionario subito del titolo Mps in questi ultimi giorni ha di fatto azzerato l’aumento di capitale di 3 miliardi varato nella primavera scorsa. A rimetterci sono stati gli investitori, piccoli e grandi, che avendo acquistato il titolo a 7 euro oggi si ritrovano con un valore inferiore a un euro (solo nell’ultimo mese la banca ha bruciato in Borsa il 36% del suo valore).
Ma perchè il Monte dei Paschi perde così tanto in Borsa? E i risparmiatori cosa rischiano? La tensione sugli istituti bancari italiani resta alta ed è legata al peso delle sofferenze ovvero dei “cattivi” crediti (incagliati e deterioriati) che le banche italiane non riusciranno a riavere indietro dai debitori: parliamo di cifre astronomiche, pari a qualche centinaia di miliardi di euro, per le quali il governo pena a una bad bank che possa “assumersi” il rischio di sistema per ripulire i bilanci bancari. Ma questo è proprio uno dei punti del braccio di ferro che si è aperto tra Renzi e Junker.
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Dubbi sulla solidità patrimoniale”
Tra le banche con le esposizioni più critiche c’è proprio Mps (quasi 25 miliardi di crediti deteriorati) che ieri in un comunicato in risposta alla Consob ha fatto sapere che “la qualità del credito di Mps è oggetto di costante monitoriaggio da parte della Bce”. E al panic selling (gli investitori che “scappano” dal titolo in Borsa” si accompagna il panico dei piccoli investitori (azionisti e obbligazionisti) e dei correntisti del gruppo di Siena. “La cosa che più preoccupa è il grado di solidità della banca”, spiega Vincenzo Imperatore, consulente aziendale, ex manager bancario e saggista di culto autore del best seller “Io so e ho le prove” e dell’ultimo “Io vi accuso”.
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Sofferenze nascoste?
Prosegue Imperatore: “Esistono fondati dubbi che i livelli di sofferenze dichiarate in bilancio non siano quelli definitivi. Se così fosse, ovvero se tra i crediti in bonis (vivi, per i quali la banca ha fondate ragioni di farli rientrare, ndr) ci fossero crediti ormai deteriorati, ovvero “morti”, la banca dovrebbe in bilancio prevedere nuovi appostamenti, che aggraverebbero i costi. Del resto la vigilanza della Bce mira proprio a vedere se tra i crediti in bonis ci siano “altri” crediti che non dovrebbero esserci proprio. Tutto questo crea dubbi sulla solidità dell’istituto che – unita all’immancabile speculazione sul titolo – ha causato i tonfi azionari”.
“Chiedete il vostro profilo di rischio”
In tutto questo il singolo (piccolo) risparmiatore-investitore deve essere preoccupato? “Sì anche se esistono diversi livelli di rischio“, spiega l’ex manager bancario. Gli azionisti in primis, poi gli obbligazionisti secondari. “Occorre andare in banca e chiedere: mi fa vedere il mio profilo di rischio? Ovvero: come sono stato valutato prima di acquistare azioni magari legate all’ultimo aumento di capitale?”. E i correntisti? “Fino a 100mila euro il Fitd garantisce anche se – e non auguriamocelo – in Italia non è mai ‘fallita’ una banca grande. Dunque capisco chi oggi non si sente sicuro del proprio conto corrente presso Mps”. Eppure allo sportello, al correntista che chiede lumi sui ripetuti crolli in Borsa, le risposte che si ricevono sono – da copione – rassicuranti: “Non si preoccupi sono gli andamenti di Borsa ora il titolo vedrà risale”. “Sono risposte purtroppo che abbiamo sentito in altri casi”, conclude Imperatore. “In realtà quello che la banca dovrebbe dire è: stiamo facendo un piano strategico per mettere sotto tutela i costi. Il problema però è che Mps non ha un piano vero di ripatrimonializzazione della banca”.