“Una vittoria del buonsenso”. “Un’occasione mancata”. Decisamente aspro lo scambio tra Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Farmacologico Mario Negri, e la Lav, la Lega antivivisezione, sulla decisione della Commissione europea di dichiarare irricevibile la petizione Stop Vivisection, firmata da oltre un milione di cittadini.
GARATTINI: ORA IL GOVERNO CAMBI STRADA
Da una parte Garattini che nell’affermare che i metodi alternativi non sono sufficienti, denuncia che: “In contrasto con la direttiva europea la legge italiana proibisce che si studino tumori umani negli animali d’esperimento e che si valutino gli effetti tossici delle droghe illecite, limitazioni, soggette a moratoria fino al dicembre 2016, che impediscono in prospettiva di migliorare la conoscenza dei processi biologici e di ottenere nuovi farmaci”. Il direttore del Mario Negri, dunque, conclude: “Il Parlamento e il governo italiani sui quali pende una procedura di infrazione per aver introdotto elementi restrittivi nel recepimento della direttiva, devono prenderne atto e ricondurre la legge nazionale allo spirito e alla lettera della direttiva europea per evitare di danneggiare la competitività dei ricercatori italiani”.
LA LAV: LA MANO DELLE LOBBY
Per nulla d’accordo, ovviamente, la Lav che parla di “un’occasione mancata che avrebbe potuto dare, prima e meglio, le gambe a una ricerca innovativa e portare speranza, non solo agli animali che ogni giorno subiscono violenze e morte nei laboratori, ma anche ai malati che aspettano una cura, e ai cittadini che troppo spesso rimangono delusi da istituzioni in mano a lobby economiche o di potere”.
Proseguono dalla Lega Antivivisezione: “Nonostante gli evidenti errori del modello animale e i numerosi esperti in materia che hanno sottolineato con dati tangibili il pericolo, anche per l’uomo, di un metodo non scientifico in grado di essere manipolato in base al risultato che si vuole ottenere, la Commissione ha comunicato infatti che non intende presentare una proposta di abrogazione della direttiva 2010/63/UE, né proporre l’adozione di un nuovo quadro legislativo”.
“Contrariamente a quanto affermato da Garattini – precisa la Lav – sull’Italia non pende alcuna procedura d’infrazione per il recepimento restrittivo di tale direttiva UE, infatti, il Diritto comunitario prevede che ogni Stato possa essere più stringente rispetto alle normative europee, cosa che l’Italia ha già fatto in passato, nel recepire anche la precedente direttiva del 1986 in tema di vivisezione”.
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