Lo scivolone dell’extravergine, un test soggettivo?

Oggi su Repubblica Carapelli replica al nostro test sull’olio descrivendolo come “solo un test soggettivo”. Il nostro giornale ha già dato atto all’azienda delle sue controdeduzioni e delle repliche al nostro lavoro. Quello che viene descritto come soggettivo, però, è un test previsto dalla legge. È davvero tanto soggettivo? Lo abbiamo chiesto a un esperto, Alberto Grimelli, giornalista, agronomo e direttore di Teatronaturale.it. Questo il suo prezioso contributo

 

I NOSTRI SENSI, STRUMENTO

DI ANALISI PERFETTO, A CERTE REGOLE

 

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Il gusto è soggettivo. Il panel test per l’olio extra vergine d’oliva no, quando condotto con rigore scientifico, secondo quanto stabilito dal regolamento comunitario 1348/2013.
I sensi dell’uomo possono essere uno strumento d’analisi molto sofisticato. Tutti i recettori che  abbiamo nel naso e nel palato possono, mediati dal cervello, darci una risposta semplice, tipo mi  piace o non mi piace, ma anche, dopo un addestramento specifico, restituire informazioni molto  precise e particolareggiate. La differenza la fa la preparazione. Non si diventa assaggiatori di olio di  oliva in un giorno. Occorre superare delle prove e fare esercizio per lungo tempo.

Assaggiare l’olio, una scienza

Ma tutto questo non basta. Non è sufficiente il giudizio di un singolo assaggiatore, ma serve quello di un gruppo, da  8 a 12 persone, per esprimere la valutazione organolettica. Vi sono poi tutta una serie di regole, dal  tipo di bicchiere da utilizzare, alla temperatura della sala di assaggio fino alle ore del giorno in cui è  consigliabile eseguire la prova. Tutto normato e codificato fin nei dettagli, a seguito di studi  scientifici avviati negli anni 1980 proprio da un italiano, Mario Solinas, a cui il Consiglio Oleicolo
Internazionale ha dedicato un concorso per i migliori extra vergini mondiali. Non basta neanche  seguire tutte queste regole per poter esprimere la valutazione organolettica. Prima occorre essere  riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole attraverso una prova annuale, il ring test, che  valuta se il gruppo è sufficientemente preparato e addestrato. I panel più seri e affidabili, tra i quali  quello dell’Agenzia delle Dogane di Roma (che ha eseguito l’analisi per il Test, ndr), si assoggettano anche all’accreditamento di un ente  certificatore autonomo, Accredia. Gli ispettori di Accredia controllano che le procedure seguite  siano sempre corrette e conformi alle norme internazionali. In queste condizioni la valutazione  organolettica diviene assolutamente oggettiva, replicabile e ripetibile, al pari di qualsiasi altra  analisi.

Una prova indispensabile
La prova che la valutazione organolettica è indispensabile viene fornita proprio dalla scienza. Sono  molti gli studi, con nasi elettronici o altri sistemi, che cercano di replicare i sensi umani. Con  risultati incoraggianti ma ancora lontani dalla complessità e dall’accuratezza del nostro olfatto e del  nostro gusto. Milioni di anni di evoluzione ci hanno resi strumenti perfetti nello scoprire difetti  organolettici. Nell’olio vi  possono essere difetti legati alla materia prima di partenza, le olive. Olive
marce possono originare il difetto di muffa. Olive in fermentazione danno quelli di avvinato o  riscaldo. Il difetto viene trasmesso dalle olive all’olio. Tempo, luce, calore, ossigeno degradano  l’olio, dando origine al difetto di rancido. Oggi non esiste alcuna analisi chimico-fisica in grado di scongiurare la presenza di difetti organolettici. L’unico modo per avere sulle nostre tavole un extra  vergine perfetto, un vero succo di oliva, è il panel test, che però deve essere condotto con attenzione  e rigore scientifico, seguendo regole ben precise che facciano realmente dei nostri sensi lo  strumento d’analisi ideale.