“Stigmatizzare il sistema dell’accoglienza fuori famiglia di minori fa solo male, sia ai bambini stessi che a chi si deve occupare di loro”. Su questo non ha dubbi Federico Zullo, presidente di Agevolando, l’associazione nata alcuni anni fa da un gruppo di ragazzi che ha vissuto esperienze fuori famiglia, in affido o in comunità e che poi si sono messi insieme per lavorare sul “dopo”, su quando – arrivata la maggiore età – e ci si ritrova spesso soli a doversi costruire un futuro.
In questi giorni tesi, in cui il caso di Bibbiano e l’indagine Angeli e demoni rimane al centro della polemica politica, è fondamentale fare chiarezza, per sgombrare il campo da strumentalizzazioni terribili, imprecisioni e fake news. E Zullo ci tiene a fare il punto sul funzionamento di un sistema, che lui stesso ha sperimentato in prima persona e con cui si confronta quotidianamente da quando è nata l’esperienza di Agevolando.
“Posso dire con convinzione che il settore dei servizi sociali è prezioso, ma purtroppo per certi in Italia sembra in fase di smantellamento, a causa della scarsità di risorse – scandisce il presidente dell’associazione dei care leavers italiani, in rete con quelle internazionali – È sempre più faticoso dare sostegno ai minorenni, alla famiglie coinvolte e a chi opera nell’accoglienza, perché mancano risorse e personale”.
Basti pensare a un numero per comprendere l’entità del problema: la media del rapporto utenti-assistenti sociali in Europa è di 1 a 12; in Italia si supera di gran lunga le svariate decine e si arriva a cifre esorbitanti. Una mancanza che già lo scorso anno il presidente dell’Ordine degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi, aveva denunciato a Il Salvagente. “Le persone competenti sono la maggioranza e basterebbe ascoltare anche solo le storie dei ragazzi di Agevolando per rendersene conto, ma il sistema non aiuta”, spiega Zullo, che si sofferma sulla difficoltà della professione: “Quasi sempre gli operatori si trovano a dover affrontare situazioni molto difficili, a volte anche all’interno di famiglie insospettabili, che non erano mai state oggetto di segnalazioni: devono valutare, pensare situazioni alternative, capire se esiste un rischio reale per il minore e al contempo lavorare con la famiglia. Se a casi come questi gli assistenti sociali si trovano a dover dedicare dieci minuti alla settimana, perché ne hanno molti altri di cui occuparsi, come possono lavorare in condizioni di serenità?”. Insomma, “entrare nelle famiglie richiede una delicatezza enorme, scoperchiare situazioni a volte gravi o comunque al limite è difficilissimo: può anche accadere di sbagliare, di affidarsi a sensazioni che non si ha il tempo e il modo di confrontare con altri specialisti, con superiori, perché non c’è tempo e non ci sono risorse; si scrivono relazioni a cui dovrebbero essere dedicati più energia e tempo”, spiega Zullo.
Che succeda che i tribunali si trovino di fronte a relazioni di assistenti sociali e senza l’ausilio di psicologi preparati o di una vera istruttoria dei pubblici ministeri prendano decisioni drammatiche, è quanto è risultato anche dalle inchieste del Salvagente. E a finirci in mezzo, troppo spesso, sono famiglie straniere dove l’80% circa degli allontanamenti “avviene con la motivazione di ‘inidoneità genitoriale’ (spesso riconducibile a sottostanti motivazioni di natura economica o abitativa)”. Un caso, quello delle motivazioni di ordine economico, che non dovrebbe mai essere all’origine di un allontanamento, semmai dovrebbe stimolare un aiuto…
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Ribadisce Zullo: “Non si può fare di tutta un’erba un fascio e bisogna considerare che comunque l’allontanamento è traumatico per un minore che si sente sradicato anche quando viene tolto da una situazione dannosa”.
Ciò che è accaduto a Bibbiano è molto complesso e si sta cominciando a fare luce, aggiunge il presidente di Agevolando: “Ma non si può pensare che se qualcuno ha commesso dei reati, sia da demonizzare il sistema nel complesso con tutti gli operatori che ci lavorano…”. Non nega Zullo che anche in passato si sia caduti talvolta in errori, allontanando un bambino dalla propria famiglia o che ci si possa essere imbattuti in veri e propri reati, che ovviamente vanno perseguiti e condannati. Ma oggi è importante capire quale atteggiamento avere di fronte a questi casi e alla complessità del sistema dell’accoglienza fuori famiglia. Zullo torna al tema delle risorse: “Un paese che investe nei servizi sociali è un paese che si tutela e tutela i soggetti deboli perché è evidente che con un numero maggiore di forze è più facile non fare sbagli e al contempo vigilare su eventuali comportamenti illeciti”. Questo sempre tenendo conto del fatto che un “bambino ha certamente diritto di crescere nella propria famiglia, ma solo se in quel contesto esistono le condizioni di ascolto, cura e protezione necessari al suo sviluppo”.
Importante ricordare che gli allontanamenti in Italia sono inferiori a quelli che avvengono negli altri paesi europei: “Siamo attorno al 3 per mille e negli ultimi due anni il numero di ragazzi e ragazze fuori famiglia è sceso da 30mila a 28mila (senza contare i minori non accompagnati ai quali va riservato un altro tipo di riflessione), mentre in Inghilterra, Francia e Germania ci si aggira attorno al 4, 9 e 6 per mille”.
Di certo, per Zullo, questo clima di sfiducia nel sistema è nocivo: “Teniamo conto del fatto che il 99% delle famiglie coinvolte da un allontanamento nega qualsiasi errore: sia che si tratti di tossicodipendenti o di genitori con problemi psichiatrici, sia che si tratti di abusanti o maltrattanti. E i minori stessi spesso all’inizio negano perché credono che quella che stanno vivendo sia la normalità e amano in ogni caso i propri genitori”. Detto ciò, quello che si può fare “dal basso” è “dare voce ai ragazzi che hanno vissuto esperienze di allontanamento, come noi facciamo ogni giorno”, ma “è necessario – scandisce Zullo – che la politica, sia di maggioranza che di minoranza si schieri, parli, si esponga e si adoperi affinché l’opinione pubblica comprenda cosa è il sistema dell’accoglienza e per permettere a chi opera in questo settore di lavorare nelle condizioni migliori, con l’obiettivo comune della tutela dei minori, che, nella polemica politica, viene totalmente perso di vista”.