
Gli algoritmi di Instacart gonfiano la spesa: un’indagine di Consumer Reports rivela come la principale catena di ecommerce alimentare Usa mostri a diversi clienti importi differenti per gli stessi prodotti
Una delle più vaste indagini mai condotte sul commercio alimentare digitale negli Stati Uniti rivela che milioni di acquirenti che usano Instacart, la principale piattaforma nordamericana per la spesa online, sono coinvolti senza saperlo in esperimenti di prezzo basati sull’intelligenza artificiale. L’analisi, firmata da Consumer Reports e Groundwork Collaborative, documenta un fenomeno che potrebbe avere ricadute economiche significative per le famiglie: identici prodotti venduti a prezzi diversi, a seconda del consumatore che li vede sullo schermo.
Secondo l’inchiesta, circa tre quarti degli articoli monitorati su Instacart mostravano variazioni di prezzo, talvolta minime -7 centesimi- altre volte molto più sostanziali, fino a 2,56 dollari per lo stesso identico prodotto. In alcuni casi, un semplice carrello della spesa poteva costare 10 dollari in più o in meno a seconda del gruppo test in cui il cliente era stato inserito, all’insaputa dell’utente.
Che cos’è Instacart e perché è così influente
Instacart, fondata nel 2012 a San Francisco, è oggi la più grande piattaforma di spesa online degli Stati Uniti e del Canada. Il suo funzionamento è simile a quello dei servizi di food delivery, ma riguarda la spesa quotidiana: l’utente seleziona i prodotti da un supermercato partner; un “personal shopper” li acquista fisicamente e li consegna a casa o prepara l’ordine per il ritiro.
Con 250 milioni di ordini gestiti nei primi nove mesi del 2025, Instacart è diventata un attore strategico per centinaia di catene di supermercati. Non solo: negli ultimi anni l’azienda ha progressivamente ampliato il proprio modello di business, vendendo ai retailer strumenti tecnologici avanzati per la gestione dei prezzi, delle promozioni e dei dati dei consumatori.
Dal 2022, dopo l’acquisizione della società di intelligenza artificiale Eversight, Instacart offre software che promettono ai supermercati un aumento delle vendite e dei margini grazie alla “ottimizzazione dinamica” dei prezzi. È proprio questa tecnologia a essere finita sotto la lente di Consumer Reports.
Instacart non opera in Europa come piattaforma di consegna della spesa: per ora è attiva solo negli Stati Uniti e in Canada. Nel Vecchio Continente sta distribuendo soltanto alcune tecnologie per supermercati, come carrelli intelligenti e etichette elettroniche di prezzo, ma non il servizio di spesa online.
L’esperimento silenzioso
Consumer Reports ha reclutato 437 volontari in tutti gli Stati Uniti e li ha coinvolti in sessioni di acquisto simultanee su Instacart. Ogni partecipante ha messo nel carrello gli stessi 18-20 articoli, nello stesso momento e dallo stesso supermercato digitale. Gli screenshot dei carrelli -oltre 200 quelli utilizzabili senza errori- hanno confermato una costante: tutti i volontari erano stati inseriti in un esperimento di prezzo.
Le catene coinvolte nei test includono Target, Safeway (parte del gruppo Albertsons), Kroger, Costco e Sprouts Farmers Market. In un test su Safeway a Seattle, il totale del carrello oscillava da 114,34 a 123,93 dollari: una differenza equivalente, su base annua, a circa 1.200 dollari per una famiglia di quattro persone, secondo le stime di CR basate sulla spesa media.
Le differenze di prezzo non riguardavano solo il totale del carrello, ma anche la presentazione dei ribassi. Un esempio emblematico: i clienti vedevano cracker Premium con “prezzi originali” differenti -5,93 / 5,99 / 6,69 dollari- pur avendo tutti lo stesso prezzo finale scontato (3,99 dollari). Questo trucco, noto come fittizio prezzo di riferimento, è ampiamente documentato nel marketing e serve a far sembrare lo sconto più o meno conveniente a seconda del target.
La sensibilità al prezzo
Gli esperti che hanno analizzato i dati dell’inchiesta concordano: Instacart sta cercando di misurare la elasticità della domanda, ovvero quanto si può aumentare il prezzo di un prodotto prima che il consumatore decida di non acquistarlo più.
Un’email interna tra Instacart e Costco, inviata per errore a Consumer Reports, conferma che l’azienda sta testando una funzione chiamata “smart rounding”, un sistema che modifica con attenzione i prezzi per costruire un’“immagine di convenienza” e generare “milioni di dollari di vendite incrementali”.
Errol Schweizer, consulente del settore alimentare ed ex dirigente di Whole Foods, sintetizza così la logica:
“Questa guerra dei prezzi serve a spremere qualche centesimo in più da ogni consumatore. Man mano che la concorrenza si intensifica, diventa tutto più complicato e fuori controllo. Alla fine, è predatorio e manipolativo”.
Il confine pericoloso tra pricing dinamico e “prezzo di sorveglianza”
Instacart nega di utilizzare dati personali o demografici nei suoi esperimenti. Tuttavia, i brevetti depositati dalla società e i documenti ottenuti da CR mostrano riferimenti espliciti all’uso di dati su:
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comportamenti di acquisto
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cronologia delle spese
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età, genere, reddito, dimensione del nucleo familiare
Se applicata integralmente, questa strategia porterebbe a quello che gli esperti chiamano surveillance pricing, un sistema in cui ogni consumatore paga un prezzo personalizzato sulla base del suo profilo, delle sue abitudini e della sua disponibilità a spendere.
Lina Khan, ex presidente della Federal Trade Commission, lancia un monito:
“Stiamo passando da un mercato trasparente, con prezzi pubblici, a un mondo opaco dominato da algoritmi segreti. Bisogna iniziare a chiederci se queste pratiche vadano vietate del tutto”.
Le risposte delle catene e le mosse della politica
Costco, Kroger e Safeway non hanno commentato. Target, che ha dichiarato di non essere partner ufficiale di Instacart, ha affermato di non aver autorizzato alcuna sperimentazione: Instacart ha poi ammesso di “scrapare” (estrarre automaticamente dati da un sito web usando un software) i prezzi pubblici del venditore e applicare sovrapprezzi propri.
La FTC sta conducendo un’indagine pluriennale sulle tecnologie di pricing individualizzato. Nel frattempo, diversi stati americani hanno iniziato a legiferare:
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New York impone un avviso obbligatorio sui prezzi determinati da algoritmi basati sui dati personali.
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California, Colorado e Pennsylvania hanno proposto leggi per vietare completamente il price targeting nei supermercati.
Dal web ai negozi fisici
Instacart sta anche sperimentando strumenti digitali per i punti vendita, come etichette elettroniche (ESL) chiamate Carrot Tags, che consentono cambi di prezzo immediati sugli scaffali. Un documento promozionale pubblicato online -poi rimosso- suggeriva che queste etichette potevano essere utilizzate per test di prezzo “in tempo reale” sugli acquirenti in negozio.
Se applicata su vasta scala, questa tecnologia renderebbe possibile un pricing dinamico anche nei supermercati fisici, con aggiornamenti in remoto e modifiche istantanee dei prezzi a seconda del momento, della domanda o del profilo del cliente.
Chi decide quanto vale il nostro cibo?
L’inchiesta di Consumer Reports apre scenari inquietanti: un mercato in cui il prezzo di un pacco di pasta, di un litro di latte o di un detersivo non è più uguale per tutti, ma varia sulla base di test invisibili che stimano la nostra “propensione a pagare”.
Non una novità assoluta: molti ricorderanno quanta polemica ha fatto la scoperta che i portali di vendita di viaggi e voli attuassero un pricing basato addirittura sul modello di smartphone. Ma di certo un esperimento inquietante. In un contesto in cui l’inflazione alimentare ha toccato i massimi dagli anni ’70, l’idea che i consumatori diventino cavie in esperimenti algoritmici solleva domande urgenti sulla trasparenza, l’equità e il futuro della spesa quotidiana.









