
Ogni anno milioni di confezioni vengono distrutte ancora efficaci. L’ANSM avvia un progetto pilota per allungare la vita delle medicine e ridurre sprechi, costi e impatto ambientale chiedendo aiuto alle industrie che, però, avrebbero tutto da rimetterci
Milioni di scatole di medicinali finiscono al macero ogni anno semplicemente perché la data di scadenza impressa sulla confezione è superata. Ma sempre più studi dimostrano che, per molti principi attivi, quella data non coincide con la vera fine dell’efficacia. In Francia, l’Agenzia nazionale per la sicurezza dei medicinali (ANSM) ha deciso di muoversi: a fine novembre ha lanciato una sperimentazione che potrebbe cambiare le regole del gioco.
“Testate durate più lunghe”
L’iniziativa nasce da un appello dell’UFC-Que Choisir, che nel settembre 2024 aveva chiesto all’agenzia di intervenire per ridurre lo spreco generato da scadenze troppo prudenziali. L’ANSM ha risposto invitando i laboratori farmaceutici a candidarsi volontariamente: l’obiettivo è valutare, prodotto per prodotto, la possibilità concreta di estendere la durata di conservazione oltre i limiti attuali.
Oggi la maggior parte dei medicinali in commercio in Francia ha una shelf-life compresa tra due e tre anni; meno del 10% raggiunge i cinque. Eppure non è raro che le molecole restino stabili molto più a lungo.
Farmaci ancora efficaci dopo la scadenza: le prove
Già alcuni test condotti dalla rivista Que Choisir su antidolorifici a base di paracetamolo e ibuprofene avevano mostrato che l’80% dei campioni analizzati manteneva un’efficacia del tutto paragonabile ai prodotti “in corso di validità”. Un risultato in linea con numerosi studi internazionali di stabilità: in diversi casi, i farmaci restano sicuri ed efficaci mesi, anni, e talvolta persino decenni dopo la data riportata in etichetta.
Un’altra ricerca (pubblicata qualche tempo fa su JAMA, la rivista della American Medical Association) aveva analizzato i 14 principi attivi di vecchie confezioni di farmaci, intatte ma scadute da 30-40 anni. Ben 12 dei 14 principi attivi (tra cui paracetamolo, caffeina e codeina) conservavano ancora quasi la piena efficacia (almeno il 90% di quella originaria). Da buttare, invece, perché prive di efficacia terapeutica, è risultata l’aspirina. La netta maggioranza dei farmaci faceva effetto al 100% fino a un anno oltre la data di scadenza e al 90% fino a cinque anni dopo tale data. E diversi farmaci continuano a funzionare anche molto oltre, soprattutto se si tratta di medicamenti solidi e secchi.
Proprio per trasformare queste evidenze in pratica, l’ANSM si propone di accompagnare i produttori nell’identificazione delle specialità che potrebbero beneficiare di un allungamento della shelf-life. L’agenzia offrirà supporto tecnico e normativo per realizzare i test necessari e presentare la richiesta di modifica dell’Autorizzazione all’immissione in commercio.
Meno sprechi, meno costi, meno CO₂
Se la sperimentazione dovesse dare esito positivo, il vantaggio sarebbe triplice.
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Economico: meno confezioni buttate significherebbe meno riacquisti, con un risparmio per famiglie e strutture sanitarie.
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Sanitario: prolungare la disponibilità dei farmaci ridurrebbe la pressione sulle scorte e contribuirebbe ad attenuare il fenomeno — sempre più frequente — delle carenze.
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Ambientale: ogni scatola non distrutta evita rifiuti chimici e le emissioni di CO₂ legate sia allo smaltimento sia alla produzione di nuovi lotti.
Un progetto, quello francese, che punta a ridimensionare uno spreco enorme e spesso invisibile. E che potrebbe aprire la strada a un ripensamento più razionale delle scadenze anche in altri Paesi europei. Uno scenario oggi più che mai necessario, tra crisi di approvvigionamento ricorrenti e costi ambientali sempre più pesanti. Un po’ meno interessante, forse, per le industrie farmaceutiche chiamate volontariamente a sperimentare una soluzione in base alla quale vedrebbero presumibilmente contrarsi le vendite.









