
Un test svizzero su 13 oli d’oliva extravergine rivela grandi differenze: alcuni prodotti risultano difettosi, altri superano le prove di assaggio in maniera soddisfacente
L’etichetta “extravergine” dovrebbe essere la garanzia massima di qualità per un olio d’oliva. Per ottenere questa dicitura, le olive devono essere spremute a freddo (a non più di 27 °C) e senza l’uso di sostanze chimiche. In teoria, significa un prodotto naturale, fresco e sano. Dopo anni di test, i lettori del Salvagente sanno che non è così. Almeno non sempre: nelle nostre ultime analisi ben 11 bottiglie su 20 contenevano un olio che di extra aveva ben poco. E non molto differenti erano stati i risultati ottenuti dai nostri test negli anni precedenti.
L’ultimo test svizzero condotto da K-Tipp e dalla trasmissione televisiva Kassensturz conferma che nel settore ci sono ancora oli che non mantengono le promesse fatte in etichetta.
Il test: 13 oli alla prova degli esperti
Undici degustatori professionisti, specializzati in olio d’oliva, parte di un panel della Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo specializzato in olio d’oliva, hanno assaggiato alla cieca 13 prodotti “extravergine” dei principali supermercati. Risultato: la scritta sull’etichetta non basta a garantire qualità.
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Primadonna Bio (Lidl): giudicato dagli esperti “muffoso e fangoso”, con difetti tali da non meritare la dicitura “extra vergine”.
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Ybarra (Denner): nessun difetto evidente, ma poco armonioso, con un punteggio di appena 4,3 su 10.
A essere promossi Bio Natura di Aldi da olive greche, Monini Classico e Bertolli, entrambi da olive comunitarie.
Come riconoscere un buon olio d’oliva
Gli esperti consigliano:
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un olio senza difetti odora e sa di olive verdi acerbe;
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i migliori offrono aromi complessi, che ricordano erbe, pomodori, mandorle o frutti esotici;
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un buon olio è pungente e pepato, con una leggera sensazione piccante che può arrivare in ritardo.
Attenzione però: la dicitura “extravergine” non significa automaticamente assenza di pesticidi. Uno studio effettuato pochi mesi fa dal team dell’Università di Messina su 50 oli provenienti da tutta Europa ha svelato che in 21 contenevano residui di pesticidi oltre il limite massimo ammesso dalla normativa Ue






