Non poteva che chiamarsi FareLegami questo progetto di welfare comunitario nato nei comuni che sorgono tra Crema, Cremona e Casalmaggiore, perché al centro e alla base di tutte le attività sta la convinzione che le relazioni siano “il vero fattore in grado di fare la differenza”: relazioni tra persone, istituzioni, famiglie, enti.
Ha solo due anni di vita la rete di FareLegami ma è già fitta, oltre che ricca di successi e di idee sempre nuove. La riflessione su questo modello era già in piedi da più tempo – come racconta Fabiano Sarti che per FareLegami è responsabile della comunicazione e della raccolta fondi – e, quando la Fondazione Cariplo – la cui tradizione filantropica prosegue da più di 25 anni – ha deciso di investire intorno a un milione di euro su modelli di welfare comunitario, FareLegami ha messo in piedi la rete.
“In quest’ ottica le persone non sono più soggetti passivi ma, grazie alle loro relazioni, diventano soggetti attivi che possono avere un ruolo nella rinascita o nell’uscita dalla vulnerabilità di se stessi e di altri”, chiarisce Sarti.
Un aiuto prima che sia troppo tardi
E così FareLegami ha creato un legame virtuoso fra i servizi del territorio, il non profit e i singoli per aiutare madri in difficoltà, persone disoccupate, giovani in cerca di lavoro, anziani soli o in situazioni di sofferenza. L’intervento avviene un momento prima che la vulnerabilità diventi conclamata, ma innanzi tutto il progetto si concentra sul favorire l’attivazione di legami nei piccoli comuni e nei quartieri.
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I laboratori di comunità, i patti gener-attivi e i civic center sono i tre ambiti in cui FareLegami esplica la sua attività. Nel primo caso si tratta di “iniziative che nascono dall’incrocio tra i bisogni e la risposta delle comunità: dal bar di un oratorio che viene riaperto grazie all’impegno di disabili alla consegna della spesa agli anziani da parte di un gruppo di giovani volontari”, per fare qualche esempio. “A Crema, in un quartiere, in tanti notavano un giovane uomo, che ogni giorno si allenava per strada e tirava di boxe; si è scoperto che si trattava di un ex militare dell’Armata Rossa – racconta Sarti -; i ragazzini lo osservavano incuriositi. Da questo incontro è nato un laboratorio di comunità che consiste in un corso di ‘street boxing che si fa nei pressi dell’oratorio’”.
I patti gener-attivi, invece, sono qualcosa di simile al Sia, lo Strumento per l’inclusione attiva, messo in campo dal governo dal maggio 2016 come misura di contrasto alla povertà. FareLegami aveva già pensato qualcosa di simile circa un anno prima, a fine 2015, quando ha stanziato i cosiddetti “budget di welfare”, ovvero l’assegnazione di 2mila euro da utilizzare da chi ne ha bisogno a seconda delle proprie necessità. “Per seguire un corso di formazione dopo la perdita del lavoro, necessario per ricollocarsi, per aiutare donne rimaste sole con i figli, ad esempio, ma anche per prendere la patente – fa sapere Sarti -; una persona aveva perso il lavoro e, prima, aveva usato sempre e solo la bicicletta come mezzo di trasporto: la patente poteva risultare utile per la ricerca di un’altra occupazione”. E così è stato.
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Delle 137 persone coinvolte nei percorsi cosiddetti di ‘empowerment’, 46 sono riusciti a raggiungere uno sbocco lavorativo. Qual è, dunque, la differenza tra il patto gener-attivo e il sostegno offerto dai Servizi sociali?
Chi ha bisogno riceve e “restituisce”
Lo scarto risiede nel fatto che il patto gener-attivo si concentra su una concreta necessità senza che venga prodotta da esterni – seppur esperti – una sorta di scaletta di priorità: il soggetto che ha un bisogno, in sostanza, è direttamente coinvolto nel processo e si impegna a ‘restituire’ la somma mettendosi al servizio di tutti i componenti della rete. Spiega bene in cosa il patto gener-attivo si differenzi da ciò che offre il servizio sociale, l’assessore al Welfare del Comune di Cremona, Mauro Platè: “Il progetto FareLegami rappresenta per il nostro territorio un’occasione importante per rimodellare il sistema di welfare e per ripensare le dinamiche sottese alla presa in carico svolta dai servizi sociali – precisa l’assessore -. Le azioni progettuali implementate nei due anni di attività hanno permesso di costruire dei percorsi per favorire la coesione sociale e consentire alle comunità di riconoscere le fragilità e di prendersene cura, con la convinzione che, attraverso l’attivazione delle risorse del territorio e la collaborazione pubblico-privato, sia più efficace accompagnare situazioni di disagio o di vulnerabilità economica”.
Riappropriarsi degli spazi
I civic center, infine, sono dei luoghi identificati dalla comunità, che vengono aperti o riaperti per accogliere i cittadini con l’obiettivo di offrire servizi tesi principalmente a colmare la difficoltà diffusa di conciliazione tra i tempi lavoro e quelli familiari.
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“In quest’ottica, ad esempio, abbiamo aperto sei scuole, prevalentemente primarie, che, grazie alla presenza di persone aderenti alla rete, ospitano bambini in orari extrascolastici per fare sport e attività ricreative”, spiega ancora il responsabile della comunicazione e della raccolta fondi di FareLegami. Ma in alcuni civic center si tengono anche corsi di trucco, si organizzano iniziative contro lo spreco alimentare a favore dei più bisognosi o si impara come raccoglie fondi.
I numeri che raccontano questa ‘avventura sono confortanti: i 55 laboratori di comunità attivati hanno coinvolto 10mila persone, 15 aziende pilota e mille lavoratori; i patti gener-attivi messi in piedi sono stati 250 fino ad ora e ne hanno beneficiato 500 persone, 20 i percorsi di ‘empowerment’ organizzati; sono stati attivati 20 civic center nell’ambito dei quali sono state proposte 120 attività che hanno coinvolto 1.500 bambini. Il valore complessivo del progetto è di quasi 3 milioni e mezzo di euro.