Nadia Lenarduzzi, insegnante, psicologo del benessere, ha voluto raccontare al Salvagente la sua esperienza nei bagni della stazione ferroviaria di Genova, tra tornelli a pagamento e dispositivi touch screen per esprimere un giudizio che non lasciano spazio a chi pure vorrebbe farlo in dettaglio.
La scena descritta riguarda la stazione di Genova ad agosto 2023 ma una situazione simile può accadere anche arrivando in treno in altre città della Penisola. Mi sono recata dove erano stati indicati i bagni: per entrare era necessario passare attraverso tornelli a vetro. Uno dei due era rotto e due tecnici erano intenti a ripararlo. Sono entrata subito dopo la persona che era davanti a me e sono stata ripresa dall’addetto che faceva la sentinella: “Torni indietro deve pagare 1 euro nel tornello!”. Ho chiesto se mi poteva indicare bagni della stazione con accesso libero. Mi ha risposto che non ci sono e che mi trovavo davanti all’unico bagno della stazione disponibile. Una volta rientrata accanto ai lavandini, ho visto un simpatico dispositivo touch screen che mi chiedeva “sei soddisfatto dei servizi igienici oggi?” mostrando le faccine sorridenti o arrabbiate relative a pulizia o cortesia, come se fossimo dei bambini. Ho provato a scrivere come richiesto nel menù a tendina “Altro” ma misteriosamente lo spazio scompariva prima di poter digitare una qualsiasi frase di senso compiuto. Ho osservato che anche gli altri utilizzatori presenti in quel momento non sono stati sufficientemente veloci. Ci siamo guardati perplessi scoprendoci cavie e al tempo stesso ricercatori, di questo estemporaneo esperimento sociale.
Ci sono molti dubbi che questa prassi sia un buon biglietto da visita per l’Italia e un buon ricordo per i turisti stranieri che viaggiano coi treni. Oltre la normale pulizia dei bagni, anche costo dei tornelli, il touch screen e la loro manutenzione sono importi aggiuntivi a carico dei viaggiatori. Nel resto dell’Europa, e possiamo dirlo nel mondo, in molte importanti stazioni, i servizi sono liberi e accessibili. In queste stazioni civili, non si discrimina tra chi, dovendo transitare in stazione, non ha problemi a pagare un euro per far pipì e chi no e non si costringe a peregrinare per farsi cambiare le banconote in euro per inserire la moneta nel tornello. Sembra proprio un esempio di come, talvolta, il progresso non sempre coincida con un reale miglioramento della considerazione della persona umana. Solo pochi anni fa un viaggiatore o chi attendeva qualcuno, trovava nelle stazioni italiane sale d’aspetto, bagni non sempre puliti ma accessibili, fontanelle dove bere o lavarsi le mani. Forse allora le stazioni, come le strade, le scuole e gli uffici amministrativi e gli ospedali erano dei luoghi pubblici. Oggi forse sono privati ma questa prassi, oltre a essere un segno di dubbia civiltà, può comportare il declassamento delle persone da cittadini a consumatori il cui ruolo sembrerebbe essere quello di permettere di trarre profitto da qualsiasi bene o servizio “ erogato”, pipì compresa.