È un vero fenomeno alimentare. Il Soylent, il sostituto pasto ipertecnologico che ha spopolato negli Stati Uniti e ha prodotto subito una serie di cloni anche in Europa, ha diviso tra quanti lo trovano comodo e saporito e coloro che ne pensano tutto il male possibile.
A risolvere la diatriba il ritiro deciso dalla casa produttrice dopo che il prodotto ha fatto ricoverare decine di clienti, in preda a diarrea e vomito. La fonte della malattia è ancora sconosciuta, ma non dev’essere cosa da poco se ha costretto l’azienda – oramai famosissima negli Usa – a un dietrofronte che ha fatto rumore in tutto il mondo.
Soylent è stato sviluppato dal suo creatore, Rob Rhinehart, per comprimere tutto il nutrimento di cui abbiamo bisogno in un’unica formula facilmente digeribile, un po’ la versione della manna del ventunesimo secolo. O, se volete, della tavoletta nutritiva degli astronauti a portata di tutte le tasche. Un’operazione tanto distante dalla nostra cultura alimentare che nessuno avrebbe giurato sulle sue vendite in Italia. E invece, anche se come cloni del Soylent, le barrette si vendono anche da noi. Eccome.
Facile prevedere che i patiti dei beveroni dietetici (ricordate l’enorme successo dei prodotti Herbalife di qualche anno fa?) non molleranno. E che chi non apprezza la magia di un piatto di spaghetti, cucinato come si deve non all’americana (tanto varrebbe il Soylent), si affiderà alla prima bevanda completa o alla prima pasticca che gli prometta un pranzo o una cena equilibrata, senza fatica. E magari sarà anche disposto a passare sopra agli effetti collaterali che ne possono derivare.
A tutti gli altri – cultori della dieta mediterranea in primis – non potrà non far sorridere quanto osservavano sorridendo al primo assaggio di Soylent e oggi è inaspettatamente stato confermato dal ritiro: queste barrette fanno ca…re. Sul serio.