Pfas, il Tar Piemonte ordina la pubblicazione dei dati sulle emissioni del polo Syensqo

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Dopo il ricorso di Legambiente di Ovada, il Tar Piemonte ha ordinato alla Provincia di Alessandria di rendere pubblici entro il 23 novembre i documenti relativi alle emissioni ambientali degli impianti ex Solvay di Spinetta Marengo, dopo si producono Pfas, dopo l’ultima fuga di gas

 

Dopo il ricorso di Legambiente di Ovada, il Tar Piemonte ha ordinato alla Provincia di Alessandria di rendere pubblici entro il 23 novembre i documenti relativi alle emissioni ambientali degli impianti ex Solvay di Spinetta Marengo, dopo si producono Pfas, dopo l’ultima fuga di gas. Con questa sentenza, la Provincia dovrà rimuovere tutti gli “omissis” che impediscono la lettura dei dati ambientali.

Il ricorso sugli omissis

Il circolo di Legambiente era ricorso al Tar dopo che lo scorso giugno la direzione ambiente della provincia piemontese aveva respinto la richiesta di accesso agli atti per l’autorizzazione integrata ambientale, il cui rinnovo era stata chiesto dalla società per azioni Solvay Specialty Polymers Italy (oggi Syensqo) . Sul sito della provincia, infatti, i documenti erano stati presentati con diverse parti oscurate.

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La battaglia contro la produzione di Pfas

Alla battaglia dei cittadini di Alessandria contro la produzione di Pfas nelle vicinanze, il Salvagente ha dedicato un servizio anche nel numero di novembre, a cura di Maurizio Bongioanni. Oltre ai pregressi inquinamenti già oggetto di condanna (l’ultima sentenza definitiva per disastro ambientale colposo è del 2020), a seguito degli esposti di Legambiente Ovadese e di alcuni cittadini, sono emerse delle criticità attuali che hanno portato la procura di Alessandria a chiedere il  rinvio a giudizio per disastro ambientale colposo dell’azienda Solvay-Syensqo e di due ex direttori dello stabilimento: l’accusa è che abbiano omesso di risanare in modo adeguato la contaminazione pregressa del sito, in particolare la falda sottostante il polo chimico, e di contenere il rilascio dei contaminanti verso l’area circostante. La prossima udienza del Tribunale di Alessandria è fissata il 12 marzo 2026 e la ex-Solvay ha offerto alle persone offese e alle parti civili una serie di transazioni economiche, con l’obiettivo di chiudere la vicenda giudiziaria evitando il processo penaleSono stati raggiunti accordi con il Comune di Montecastello, e con il Comune di Alessandria che hanno accettato un risarcimento di circa 100mila euro ciascuno. “Legambiente dell’Ovadese”, spiega la presidente dell’associazione (che per esteso è Legambiente Ovadese Valli Orba e Stura OdV), Michela Sericano, “riconosciuta sia come persona offesa, sia come parte civile, ha risposto a Solvay che qualsiasi ipotetica transazione può avvenire solo se l’azienda provvede all’immediato arresto della produzione e dell’utilizzo a Spinetta Marengo del composto chimico cC6O4 e di qualsiasi altro tipo di Pfas, e procede a una efficace e completa bonifica dell’inquinamento pregresso”.

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Il biomonitoraggio

Parallelamente all’iter giudiziario, la Regione Piemonte ha avviato un biomonitoraggio sui residenti nelle vicinanze del polo chimico di Spinetta Marengo. Un’indagine sanitaria che misura direttamente nel sangue  la presenza di sostanze inquinanti accumulate dall’organismo, così da valutare il livello effettivo di esposizione. La prima fase, tra ottobre e dicembre 2024, ha coinvolto su base volontaria chi abitava entro un raggio di 500 metri dallo stabilimento. Da aprile 2025 l’indagine è stata estesa fino a tre chilometri dal sito industriale. Non si è guardato tanto all’acqua potabile – fanno sapere i tecnici – perché nelle analisi condotte nell’area dello stabilimento i valori erano sempre al di sotto della soglia di rilevabilità. Nemmeno l’aria è stata considerata fonte rilevante, visto che la letteratura scientifica ne indica un rischio marginale. L’attenzione si è concentrata soprattutto sugli alimenti prodotti localmente (ortaggi, uova e altri), considerati la via principale attraverso cui entrare in contatto con queste sostanze.

I risultati

Per leggere correttamente i risultati del biomonitoraggio, la Regione si è basata sulle linee guida dei Centers for disease control and prevention e della National academies of science americana. Queste indicazioni non hanno valore di legge, ma servono da riferimento scientifico: stabiliscono tre diversi livelli di attenzione in base alla concentrazione di sette tipi di Pfas nel sangue. Superare certe soglie non significa automaticamente malattia – ci tengono a far notare i tecnici – ma comporta comunque specifici interventi di tutela e controlli sanitari.  Dalle analisi condotte su 246 cittadini, in 37 casi i valori di Pfas nel sangue hanno superato la soglia di riferimento raccomandata, fissata a 20 microgrammi per litro. Una parte di questi soggetti potrebbe coincidere con lavoratori o ex dipendenti del polo chimico, ma il biomonitoraggio ha preso in considerazione tutti i residenti.

Pfoa e Pfos

I composti più rilevati sono stati il Pfoa e il Pfos: come ci tiene a sottolineare Bartolomeo Griglio, vicedirettore della direzione Sanità della Regione Piemonte, si tratta di sostanze non più in produzione, e nel caso del Pfos mai impiegate a Spinetta: ciò dimostrerebbe, secondo la Regione, che non tutti i Pfas rilevati nel sangue siano stati prodotti nel polo. Di sicuro, però, lo sono quei composti conosciuti come Adv: questo sì è stato prodotto a Spinetta Marengo ed è stato rinvenuto in concentrazioni quasi 5 volte più alte rispetto ai cittadini che vivono a distanza maggiore. Come conferma Griglio, l’Adv è “in fase di dismissione”. I risultati in fase di elaborazione del biomonitoraggio restituiscono l’immagine di un’area contrassegnata da un quadro ambientale complesso, segnato da inquinamenti storici e in parte ancora attivi: metalli pesanti, cromo esavalente, composti organoclorurati e Pfas, prodotti in diverse epoche e che ora si sono stratificati. Per la Regione Piemonte l’esposizione dei cittadini è “contenuta”: le analisi condotte dall’Asl e dai gestori idrici mostrerebbero concentrazioni di Pfas nelle acque potabili inferiori ai limiti che entreranno in vigore nel 2026 e persiste il divieto (dal 2009) di prelevare acqua dai pozzi privati senza verifiche documentate.

La task force regionale

Intanto, la Regione ha istituito una nuova task force, guidata dall’assessore Maurizio Riboldi, con il compito di definire i percorsi sanitari: un primo livello di presa in carico tramite i medici di base e, se necessario, un secondo livello con accesso a un ambulatorio dedicato. In questi casi si prescrivono esami mirati: valutazione degli enzimi tiroidei, degli enzimi epatici, della funzione renale (creatinina), visite specialistiche (testicolo, fegato, ecc.). Il focus è sulle alterazioni endocrine o metaboliche che possano rappresentare segnali precoci di danno da esposizione chimica. “Con o senza il biomonitoraggio, rimane la necessità di chiudere la fonte di inquinamento”, continua la presidente della locale Legambiente Sericano. “Non significa chiudere lo stabilimento, ma chiudere le produzioni più inquinanti, come quelle dei vari Pfas”. Inoltre Legambiente ha chiesto più volte alla Regione Piemonte di rendere pubblici i dati originali, poiché sul sito ufficiale compaiono solo le mediane: “Siamo convinti che le medie, e non le mediane, restituirebbero una fotografia diversa della situazione”. Per Sericano la priorità è quindi interrompere la produzione di Adv e cC6O4, i Pfas che, insieme ai loro prodotti di degradazione, sono i più diffusi nei dintorni dello stabilimento. “Ci chiediamo fino a quando durerà questa situazione, siamo stufi di rincorrere le istituzioni per avere informazioni a posteriori: vogliamo prevenire i problemi, non curarli quando ormai è troppo tardi”.