L’indagine: solo la metà dei centri oncologici italiani prevede percorsi nutrizionali strutturati

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Solo metà dei centri oncologici italiani dispone di percorsi nutrizionali strutturati e accessibili in modo uniforme, e nella metà dei casi la valutazione nutrizionale alla diagnosi non viene effettuata regolarmente. I risultati di un monitoraggio su 100 strutture pubbliche in Italia

Solo metà dei centri oncologici italiani dispone di percorsi nutrizionali strutturati e accessibili in modo uniforme, con forti differenze territoriali: sono soprattutto i centri del Nord a esserne dotati. E nella metà dei casi la valutazione nutrizionale alla diagnosi non viene effettuata regolarmente e spesso è riservata solo ai pazienti con calo ponderale evidente, con neoplasie che compromettono l’alimentazione o in regime di ricovero. In quattro centri su dieci, inoltre, non vengono raccolte neppure le abitudini alimentari dei pazienti. Sono questi i principali risultati del sondaggio ‘Percorsi di screening nutrizionali in oncologia’, che ha coinvolto un campione di 100 strutture oncologiche ospedaliere italiane.

L’Italia a due velocità

Inoltre, il 52% delle risposte proviene dai centri del Nord, il 29% dal Centro e il 19% dal Sud Italia: e secondo i curatori del sondaggio, “anche questo è un segnale delle differenze territoriali che emergono dalla survey e che dipende dalla diversa concentrazione delle strutture oncologiche nel Paese”. L’indagine, promossa dal Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) ha fotografato la presenza di percorsi nutrizionali, le modalità di valutazione dello stato nutrizionale e l’integrazione delle raccomandazioni nutrizionali nei servizi oncologici.

“Questi dati confermano che la nutrizione resta una delle aree più trascurate in oncologia, pur avendo un impatto diretto sugli esiti clinici – commenta Paolo Tralongo, presidente Cipomo e direttore dell’Oncologia medica dell’ospedale di Siracusa –. Come Collegio riteniamo prioritario uniformare l’accesso a percorsi nutrizionali dedicati, perché non può esserci una qualità di cura diversa a seconda del territorio. È un tema di equità e di diritto per tutti i pazienti oncologici”.

La malnutrizione incide sulla gestione del paziente oncologico

“La malnutrizione, per difetto o per eccesso, rappresenta una delle sfide più rilevanti nella gestione del paziente oncologico – aggiunge Federica Grosso, responsabile scientifica della survey e oncologa presso l’Azienda ospedaliera universitaria di Alessandria –. Uno stato nutrizionale non adeguato, infatti, incide negativamente sulla qualità di vita, sulla tolleranza ai trattamenti, sulla prognosi e sui costi sanitari”.

Le differenze nel dettaglio

Solo nella metà dei centri le indicazioni sulla corretta alimentazione vengono fornite in maniera sistematica, prevalentemente ai pazienti in terapia attiva o affetti da patologie che interferiscono con l’alimentazione. L’impiego di strumenti validati di screening (come Nrs-2002, Mna-Sf, Must, Mst), raccomandati dalle linee guida Espen e richiamati anche da Aiom, non è ancora diffuso in modo omogeneo. Inoltre, nella metà dei casi sono oncologi o infermieri a occuparsi dell’inquadramento nutrizionale, mentre la presenza di nutrizionisti e dietisti non è ancora garantita ovunque.

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