Dove finiscono i fondi delle multe Antitrust. Ai consumatori solo le briciole

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Ogni anno l’Authority commina sanzioni per decine di milioni per pratiche commerciali scorrette. Pensate che questi soldi tornino ai consumatori danneggiati? Sbagliato, la maggior parte finisce al ministero dell’Economia

 

Basta inserire in un qualsiasi motore di ricerca web le parole “multa” e “Antitrust” per trovarsi di fronte innumerevoli link che riportano alle ricorrenti e salate sanzioni comminate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato a società e aziende di tutti i tipi. Bastonate anche di diversi milioni, nei casi più gravi, che colpiscono anche i colossi di servizi come la fornitura di energia o le telecomunicazioni, così come i grandi marchi di abbigliamento, sulla base di indagini che ne hanno accertato operazioni di concentrazione di fette di mercato eccessive, o più comunemente, pratiche commerciali scorrette. Molto spesso, le prime vittime di tali comportamenti illegittimi sono i consumatori che si trovano a subire sovrapprezzi ingiustificati, clausole capestro e così via. E proprio per risarcire, anche se in maniera indiretta, le principali vittime di frodi e comportamenti illegittimi, la legge Finanziaria del 2001 aveva stabilito che i fondi derivanti dalle multe dell’Antitrust dovessero essere utilizzati per iniziative a vantaggio degli utenti. Da quasi un quarto di secolo, dunque, a ogni notizia di sanzione comminata dall’Agcm dovremmo esultare doppiamente. Ma per farlo, bisogna capire a livello pratico quanti di questi soldi finiscano davvero in attività per i cittadini. Anche perché sono tanti. Solo per il 2025 si tratta già oggi di di circa 25 milioni di euro.

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La legge che ha istituito il fondo

Facciamo un passo indietro e vediamo innanzitutto quali sono le parti in gioco e i meccanismi. Le risorse derivanti dalle sanzioni dell’Antitrust confluiscono in un fondo ad hoc, noto come capitolo 1650, istituito presso il ministero dello Sviluppo economico, ora ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit). Attraverso la legge di bilancio, questi fondi sono assegnati su base triennale e distribuiti con decreto del ministro dell’Economia. Il fondo finanzia una vasta gamma di iniziative, tra cui, progetti delle associazioni dei consumatori, programmi regionali a supporto dei cittadini, progetti pilota come l’educazione digitale per over 65, campagne informative e iniziative nel settore assicurativo. A gestire la partita è essenzialmente la direzione generale consumatori e mercato del Mimit, che seleziona tra i suoi dipendenti sia i componenti della commissione che valuta i progetti partecipanti al bando, stilando una graduatoria da cui dipenderà la destinazione dei fondi, che il team preposto a svolgere i controlli su come quei soldi vengano effettivamente spesi. Anche perché se i fondi derivanti da una giusta punizione a chi si è approfittato dei consumatori venissero usati per rendicontazioni gonfiate o addirittura progetti fantasma in nome degli stessi consumatori, sarebbe proprio una beffa.

Così vengono divisi i milioni delle sanzioni

ome sono distribuiti i fondi destinati ai consumatori a partire dalle multe dell’Antitrust? A spiegarlo, per quanto riguarda il triennio 2024-2026, è il decreto ministeriale del Mimit del 31 luglio 2024, “Modalità e criteri per la presentazione delle domande di contributo per la realizzazione di iniziative per i consumatori promosse dalle associazioni dei consumatori […]”. Innanzi tutto bisogna chiarire che non basta costituire un’associazione dei consumatori per ambire ai fondi. A poter presentare il proprio progetto per partecipare al bando sono solo quelle ritenute rappresentative a livello nazionale e per tanto aderenti al Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. 21 realtà tra cui Adiconsum, Adusbef, Cittadinanzattiva, Movimento difesa del cittadino e Unione nazionale consumatori.

I fondi a disposizione

I fondi derivanti dalle sanzioni dell’Agcm sono 2,13 milioni di euro per l’anno 2024, 23,62 milioni per l’anno 2025 e 19,32 milioni per il 2026. Mediamente, consultando gli stanziamenti precedenti, sempre approvati dal Parlamento, vengono dedicati alle attività per i consumatori 25 milioni l’anno. Sono solo una piccola parte di quelli incamerati con le multe. Per fare un esempio: nel 2024 le sanzioni dell’Agcm hanno portato nelle casse pubbliche circa 75 milioni, l’anno prima 42 milioni, e nel 2022 addirittura 78 milioni. Che fine fanno gli altri soldi? Dopo essere incamerati dall’Agenzia delle Entrate, vengono girati al ministero dell’Economia, che le utilizza come riserva per altre attività. Torniamo alla parte destinata alle associazioni dei consumatori: queste possono ottenere non più di 300mila euro ciascuna e non oltre 500mila per i progetti presentati in forma aggregata, da gruppi di almeno tre associazioni. In nessun caso l’importo del contributo può essere superiore all’importo delle entrate in bilancio presentante nella dichiarazione dei redditi del 2024. Ma su cosa si devono concentrare le associazioni per promuovere la sensibilizzazione dei consumatori?

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Le iniziative per i consumatori finanziabili

Le iniziative delle associazioni da realizzare in forma singola devono riguardare:   prevenzione e lotta alla contraffazione, inclusa la valorizzazione del made in Italy; difesa dalle frodi; trasformazione ed educazione digitale; consumi sostenibili ed economia circolare; tutela della salute. Le iniziative delle associazioni da realizzare in forma aggregata, invece, devono riguardare rischi e benefici per i cittadini consumatori dell’uso dell’intelligenza artificiale anche in termini di sviluppo di mezzi adeguati di tutela. “In particolare – spiega il decreto ministeriale – il progetto potrà mirare a effettuare approfondimenti e informare e sensibilizzare i consumatori e utenti rispetto alla diffusione di servizi e contenuti digitali che utilizzano intelligenza artificiale”. Oltre a questo, sono ammessi progetti anche su rischi e benefici del credito al consumo, compresa la prevenzione del sovraindebitamento. E in particolare, i rischi del credito al consumo sempre più diffusi sui mercati digitali, includendo la sensibilizzazione sulle informazioni pre-contrattuali riservate ai consumatori. A inizio agosto, il ministero delle Imprese e del made in Italy ha pubblicato la graduatoria dei benefici accordati.

I contributi maggiori

I contributi maggiori, pari a 268.985 euro, sono stati assegnati a Assoutenti, Cittadinanzattiva e Udicon, mentre quelli minori sono andati ad Adusbef (198mila) e Lega consumatori (173,4 mila). A questi vanno aggiunte altri 500mila euro circa per ognuno dei tre progetti con associazioni aggregate, con Udicon, Assoutenti e Adiconsum come rispettivi capofila.

Chi valuta i progetti

A valutare i progetti è una commissione designata dalla Direzione generale consumatori e mercato del Mimit e costituita da quattro componenti appartenenti al personale della direzione stessa. Tra i parametri per attribuire i punteggi che contribuiscono alla formazione della classifica degli aventi diritto al contributo, l’esperienza e la competenza dell’associazione, il numero di progetti già finanziati, il personale contrattualizzato, la presenza territoriale e, entrando nel merito, la qualità e l’impatto della proposta, che passa anche dalla capacità di individuare effetti e ricadute positive dirette e indirette attese, l’innovatività e la possibilità di misurare tappe e risultati del progetto.

I controlli ostaggio di burocrazia e ritardi

idea di destinare decine di milioni di euro provenienti dalle multe dell’Antitrust ad attività a vantaggio di cittadini e consumatori costituisce un risarcimento per i tanti torti subiti, ma è importante che vengano attivati i necessari controlli per evitare che vengano usati come borsello per la sopravvivenza delle associazioni dei consumatori, in un circolo vizioso di spese gonfiate e attività più di facciata che altro. La legge prevede anche questo. Nello specifico, spetta alla Direzione generale consumatori e mercato del ministero delle Imprese e del made in Italy nominare una commissione di verifica composta da due rappresentanti individuati tra il suo personale incaricata di effettuare gli accertamenti. I controlli non si limitano all’analisi documentale ma hanno la facoltà di svolgere anche accertamenti in itinere, sopralluoghi e persino attività di “mystery shopping”, ovvero verifiche anonime fingendosi potenziali utenti interessati per testare l’effettiva realizzazione delle attività finanziate.

I casi in cui possono essere revocati

Il decreto stabilisce anche i casi in cui i contributi possono essere revocati, totalmente o parzialmente, con conseguente obbligo per i beneficiari di restituire le somme ricevute, maggiorate degli interessi legali. Le cause principali di revoca sono: perdita dell’iscrizione nell’elenco ufficiale delle associazioni dei consumatori previsto dal Codice del consumo; rendicontazione incompleta o realizzazione di attività difformi rispetto a quanto approvato; violazioni di legge in materia di lavoro, sicurezza, ambiente, previdenza o fisco, incluse irregolarità nei versamenti contributivi e fiscali.

Burocrazia eccessiva e tempi lunghi

I progetti finanziati dai fondi Antitrust vengono verificati sia a livello regionale che nazionale, ma i tempi, ci spiegano dalle associazioni dei consumatori, si rivelano spesso lunghi e le procedure farraginose: i controlli del ministero arrivano mesi dopo la conclusione dei progetti, con un’attenzione eccessiva a dettagli marginali, e questo blocca spesso l’erogazione dell’ultima tranche di pagamento. “Il ritardo ha conseguenze pratiche pesanti: i progetti chiusi, ad esempio a dicembre 2024, restano formalmente aperti anche un anno dopo, costringendo le associazioni a mantenere attive fideiussioni bancarie e sostenere costi aggiuntivi, con un effetto a cascata che limita la possibilità di partecipare ad altri bandi” ci viene detto da un dirigente di un’associazione che non vuole essere citato.

La trasparenza necessaria

Sul fronte della trasparenza, invece, le regole sono chiare. Ogni associazione deve rendere pubblici sul proprio sito, nella sezione dedicata, i progetti finanziati dal Mimit, specificando importi e titoli. Inoltre, ogni attività realizzata – che sia un webinar, una guida o una campagna informativa – deve riportare esplicitamente che si tratta di un’iniziativa finanziata con i fondi del ministero. Nei bilanci annuali delle associazioni i dati sono ancora più chiari: è possibile leggere quanto del budget complessivo proviene dai fondi Antitrust e a quale progetto è stato destinato. Un sistema, dunque, che sulla carta garantisce trasparenza, ma che sconta lentezze burocratiche e differenze territoriali che rischiano di compromettere l’efficacia complessiva degli interventi.