
Uno studio curato dall’Università di Vigo ha analizzato la presenza di centinaia di pesticidi in quasi 200 campi di grano europei dal 2010 al 2022: sono aumentati del 12%. Il glifosato è tra i più preoccupanti
A livello globale il consumo agricolo di pesticidi è passato da 2,8 milioni di tonnellate nel 2010 a 3,5 milioni nel 2022, con un aumento del 25% in soli dodici anni. Nell’Unione europea, il consumo agricolo di pesticidi rappresenta circa il 13% del totale mondiale. Anche se l’aumento è più moderato rispetto alla media globale, l’uso in Europa è comunque in crescita: da 402.229 tonnellate nel 2010 a 449.038 nel 2022, pari a +12%. Ciò si deve soprattutto a regolamenti più stringenti: nel 2023 risultavano autorizzati 444 pesticidi, mentre 954 erano vietati o non approvati e 43 sotto valutazione.
Lo studio europeo sul grano
Questi numeri sono frutto del progetto SoildiverAgro, che coinvolge ricercatori di diversi Paesi europei sotto la guida di David Fernández Calviño dell’Università di Vigo, curato dalla rivista scientifica The Conversation, il quale ha analizzato la presenza di 614 pesticidi in 188 campi di grano. I campi erano distribuiti in otto Paesi con climi e suoli diversi: 93 coltivati in modo convenzionale e 95 in regime biologico. I risultati, pubblicati sulla rivista Journal of Hazardous Materials, hanno mostrato che il 99% dei campi convenzionali conteneva almeno un pesticida, per un totale di 73 composti rilevati. I più comuni erano l’ossido di fenbutatina (insetticida) e AMPA (metabolita del glifosato), entrambi presenti nel 44% dei campioni, seguiti dall’erbicida glifosato e dal fungicida epoxiconazolo (39%). Altri residui frequenti erano boscalid, tebuconazolo, bixafen, diflufenican e metaboliti del Ddt.
Le differenze regionali
Le differenze regionali erano marcate: l’area continentale (Germania) mostrava la concentrazione media più alta (0,46 mg/kg) e la maggiore diversità (13,5 pesticidi per campo). Seguivano le zone atlantiche (Danimarca e Belgio). All’opposto, la regione pannonica (Ungheria e Serbia) presentava i livelli più bassi (0,02 mg/kg).
Impatti ambientali e sanitari
“Nonostante i benefici per la produzione agricola, l’uso improprio o eccessivo dei pesticidi solleva gravi preoccupazioni per l’ambiente e la salute pubblica. Si stima che meno del 15% dei pesticidi raggiunga effettivamente il bersaglio previsto, mentre il resto si disperde in suolo, acqua e aria. Questo comporta rischi importanti: avvelenamento di organismi non bersaglio, perdita di biodiversità e sviluppo di resistenze nei parassiti” scrive The conversation, “I residui possono inoltre entrare nella catena alimentare attraverso colture e acqua, aumentando il rischio di patologie negli esseri umani, tra cui malattie neurodegenerative, cardiovascolari, endocrine, respiratorie, renali, riproduttive e tumori”.
La persistenza a lungo termine
Un dato particolarmente preoccupante è stata la presenza di pesticidi anche nei campi biologici: sono stati rilevati 35 composti, di cui solo uno (Spinosad) autorizzato in agricoltura biologica. Ciò indica sia la persistenza per decenni delle sostanze chimiche nel suolo, anche dopo la conversione a sistemi biologici, sia il possibile trasferimento di residui tra campi diversi. Inoltre, 31 dei pesticidi rilevati erano vietati al momento dello studio: alcuni risultavano ancora rintracciabili oltre 40 anni dopo il bando.
Glifosato e gli altri più preoccupanti
La valutazione del rischio ecologico ha indicato come più preoccupanti i fungicidi epoxiconazolo, boscalid e difenoconazolo, oltre agli insetticidi imidacloprid e clothianidin. Al contrario, erbicidi come il glifosato e il suo metabolita AMPA, sebbene molto diffusi, hanno mostrato un rischio ecologico relativamente più basso.
Le alternative possibili
Le evidenze raccolte dimostrano che i residui di pesticidi sono ampiamente diffusi nei campi agricoli europei e globali. Per migliorare la situazione, secondo i ricercatori è fondamentale adottare un uso più sostenibile delle sostanze chimiche. Tra le soluzioni possibili: sostituire i composti più persistenti e tossici con alternative meno dannose (bioinsetticidi, prodotti di origine vegetale, microrganismi benefici); promuovere pratiche agricole che migliorino la salute del suolo e la resistenza naturale delle colture, come la rotazione, la riduzione delle lavorazioni, l’uso di colture di copertura e l’agricoltura biologica certificata.









