Bollette pazze: per spegnere il gas conviene più la stufetta o lo split?

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Le bollette del gas schizzano in alto: uno dei metodi per tenere gli impianti a metano spenti il più possibile è quello di aiutarsi con altri dispositivi da usare alla bisogna. Stufa elettrica, a bioetanolo, a pellet o pompa di calore: Quale conviene? Parola agli esperti

Gli aumenti previsti per il costo del gas fanno tremare molte famiglie italiane. L’inverno è entrato nel vivo e risparmiare in bolletta per il riscaldamento è ormai un’operazione last minute. E al di là del poco tempo disponibile, l’ipotesi di un cambio strutturale di impianto per scegliere una soluzione meno energivora e più efficiente, deve essere purtroppo scartata da molte famiglie che a fatica arrivano a fine mese. Ci siamo messi proprio nei panni di un nucleo che al massimo può investire qualche centinaio d’euro per limitare l’accensione dei caloriferi e “sgonfiare” la bolletta. Quali sono le scelte migliori da fare? È quanto abbiamo chiesto ad alcuni tecnici del settore.

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Le stufe a pellet

Roberto Calabresi, esperto di efficienza energetica negli edifici e collaboratore di Kyoto Club, premette: “Domanda difficilissima, la prima cosa che mi viene in mente è comprarsi una stufetta ad alta efficienza pellet, ma dipende dal contesto; se stai in una città probabilmente non è utilizzabile neanche quella, perché c’è l’enorme problema della presenza delle polveri sottili e tutti i sistemi di riscaldamento con combustione di biomasse comunque hanno una produzione di polveri sottili molto maggiore rispetto a qualsiasi altro sistema”. Tra l’altro, la normativa italiana per l’utilizzo di generatori di calore a biomassa legnosa di stufe e caminetti prevede delle limitazioni: quelle già operanti devono avere una classificazione di efficienza sulle emissioni di almeno 3 stelle, mentre per le nuove installazioni, devono essere almeno a 4 stelle. In diverse regioni italiane, come Lombardia, Veneto e Piemonte, ci sono ulteriori restrizioni. “Le nuove stufette a pellet con doppia combustione – specifica Calabresi – riescono ad abbattere moltissimo queste polveri sottili, e se parliamo solo di risparmio economico, quando le confronti rispetto a dei sistemi di riscaldamento elettrico, pompa di calore o gas metano, sicuramente un sistema di riscaldamento a legna è quello che ti aiuta di più”.

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Le variabili e i costi

Ovviamente, come ci spiega l’esperto del club Kyoto, le variabili da valutare sono tante: “Dipende in che casa si vive, se si ha una villetta e si accende la stufetta dentro una stanza e ci si chiude dentro, probabilmente si risparmierà,  ma non sarà facile riscaldarla tutta con meno spesa”. In ogni caso, una stufa a pellet economica costa comunque almeno 500 euro, e per l’installazione affidata a un tecnico qualificato, tocca sborsare almeno 250 euro. Ma quant’è il risparmio?

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E il riparmio?

Ci aiuta a capirlo Nicolandrea Calabrese, ingegnere del dipartimento Efficienza energetica dell’Enea: “È sicuramente una valida soluzione, specie nelle zone dove è possibile trovare oltre al pellet, biomassa legnosa a km 0, come cippato, trucioli, segatura non contaminata, gusci di nocciole. Negli ultimi anni il prezzo del pellet – chiarisce però Calabrese – il combustibile ricavato dal legno sempre più utilizzato per riscaldare le case in alternativa al metano, è di molto aumentato. Il notevole rincaro del prezzo è dovuto al fatto che c’è poco pellet sul mercato”. Se nell’agosto del 2021, infatti, il costo di un sacco da 15 kg oscillava intorno ai 5/6 euro per la miglior qualità En Plus A1 (ad esempio in abete bianco) negli ultimi anni il prezzo è salito di molto. Fino a 12 euro per lo stesso sacco che, in pieno inverno, può durare circa 8/10 ore. Abbiamo premesso all’inizio che la soluzione cercata prevede una spesa di qualche centinaia d’euro e non è detto che debba servire per sostituire del tutto i riscaldamenti. In molti casi la stufa a pellet potrebbe non essere la soluzione adatta.

La pompa di caloregas

E quando in un condominio il riscaldamento centralizzato è spento, è meglio accendere una stufetta elettrica o lo split del condizionatore in modalità pompa di calore? Roberto Calabresi di Kyoto Club risponde: “Sicuramente in termini di efficienza energetica lo split, ovviamente con un coefficiente di prestazione (Cop) equivalente, conviene rispetto alla stufetta elettrica perché recupera calore dall’ambiente con un sistema di trasporto di energia termica dall’esterno verso l’interno e quindi parte dell’energia elettrica che tu consumi è utilizzata per assorbire questa energia dall’esterno”. La differenza con la stufetta elettrica, per l’esperto, è che quest’ultima “usa molto più dell’energia necessaria per fare quest’operazione, per scaldare l’ambiente interno. Se metti una pompa di calore, un terzo di quell’energia che la stufetta avrebbe usato è utilizzata per fare lo stesso calore all’interno della casa, più o meno”. Uno dei dubbi rispetto alla pompa di calore che spesso si sentono sollevare è che essendo gli split in alto, e andando l’aria calda naturalmente verso il tetto, l’effetto di calore per chi sta in basso viene depotenziato.  “È una cosa che ha poco senso – spiega Calabresi -. La stufetta è un riscaldamento spesso senza ventilazione forzata, mentre lo split ne ha una per cui crea un ricircolo di aria calda all’interno della stanza. Certo che l’aria calda è più leggera di quella fredda e tende a salire, e quindi sicuramente da questo punto di vista, avendola in alto, ti arriva un po’ più in ritardo, ma comunque non c’è confronto tra i due sistemi, in termini di risparmio totale”.

Le prestazioni energetiche

Anche per l’altro esperto consultato, Nicolandrea Calabrese dell’Enea “la stufa elettrica in termini di prestazioni energetiche, è la soluzione peggiore. Per 1 kWh di energia termica prodotta la stufa consuma 1 kWh di energia elettrica”, mentre riguardo la pompa di calore elettrica, “ipotizzando un rendimento (Cop) pari a 4, si ha che per 1 kWh di energia termica prodotta la pompa ne consuma un quarto,  0,25 kWh, in energia elettrica”.

La stufetta a bioetanolo

Tra le opzioni più economiche e suggestive c’è poi la stufetta a bioetanolo. Su Amazon o portali simili si trovano anche a meno di 100 euro, e spesso riproducono, bruciando la sostanza da cui sono alimentate, l’impressione di trovarsi di fronte alle fiamme di un camino. Il bioetanolo è etanolo prodotto grazie alla fermentazione delle biomasse ricche di zuccheri e amidi (ad esempio patate, canna da zucchero, mais e barbabietole) o ricche di cellulosa (come paglia, tronchi di piante). “È a tutti gli effetti alcool etilico ed è considerato un combustibile green, pulito e a basso impatto ambientale” spiega l’esperto dell’Enea. Un vantaggio della stufa a bioetanolo è che non ha bisogno di sistemi di scarico e di ventilazione, e i produttori spesso promettono che trattandosi di combustibile a base di etanolo ambientale (bioetanolo), “non devi preoccuparti delle emissioni nocive”.

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Le emissioni

Calabresi di Club Kyoto risponde: “Le stufette a bioetanolo sono sicuramente paragonabili a una piccola stufetta elettrica, ma invece che utilizzare l’energia elettrica bruci etanolo, però hanno potenze termiche limitate, per cui una stanza molto piccola non si riesce a riscaldare”. E per quanto riguarda le emissioni, “ha un’emissione di vapore quasi nulla, ma si tratta comunque di un combustibile che brucia, e che sta in casa, e in genere non ha neanche una canna fumaria che butta fuori il residuo. Quindi io non li utilizzerei in casa mia per riscaldarla. Oltre al fatto che brucia l’ossigeno, c’è anche questo aspetto da considerare”.

Le emissioni

Più articolato il giudizio di Nicolandrea Calabrese dell’Enea: “Il bioetanolo viene acquistato in flaconi di varie capacità con prezzi medi che variano tra i 2 e i 4 euro al litro (che dura da 3 a 8 ore in base alla regolazione del calore della stufa, ndr). La sua combustione produce quantità molto limitate di monossido di carbonio e anidride carbonica”. Inoltre, “esistono anche alcuni aspetti negativi, come la ridotta capacità di riscaldamento. La stufa a bioetanolo non è adatta a riscaldare grandi ambienti, ma si presta bene solo per piccole stanze. Al pari dei radiatori svedesi, è un’ottima alternativa al tradizionale riscaldamento nelle prime giornate fredde della stagione o come unica sorgente di calore per ambienti piccoli e non raggiunti da riscaldamento a gas. La potenza calorifera del bioetanolo è inferiore sia agli impianti a gas che alle stufe a pellet”.

Il vecchio metodo del “salsicciotto” alla finestra

In alternativa a questi metodi o in aggiunta, c’è sempre la possibilità di aumentare artigianalmente l’isolamento dei vecchi infissi, per i quali, secondo Calabresi, ha una certa efficacia anche il vecchio metodo dei “salsicciotti” di tessuto imbottito messi alla base di porte o finestre: “Hanno senso, certo. Ovviamente hanno una piccola percentuale di risparmio, che però sommata su 10 finestre, alla fine non è irrilevante. Oppure, se si vuole isolare tutto intorno gli infissi, si fa con guarnizioni autoadesive che si applicano tranquillamente da soli e costano poco”. Un metodo povero e artigianale che però, soprattutto in case con finestre molto vecchie, con una manciata di euro, può comunque migliorare la situazione.