Dal 1° gennaio è obbligatorio conferire i rifiuti tessili, tra cui rientrano anche scarpe, biancheria per la casa e tessuti di arredamento, in appositi cassonetti. In Italia l’obbligo è in vigore già dal 2022…ma nessuno lo sa
Se avete iniziato l’anno nuovo con il proposito di buttare i vestiti vecchi, per fare spazio nel vostro armadio, scordatevi di gettarli tra i rifiuti indifferenziati. Dal 1° gennaio 2025, infatti, è entrato in vigore l’obbligo di raccolta differenziata per i rifiuti tessili, che vanno conferiti in appositi cassonetti che ogni Comune dovrà predisporre sul proprio territorio. Un cambiamento abbastanza epocale che rientra in un’azione più ampia dell’Unione Europea volta a ridurre l’impatto ambientale del settore tessile, responsabile di gran parte delle emissioni di CO2, promuovendo il riciclo e l’economia circolare. I 27 paesi dell’Unione europea, infatti, producono 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno, di cui 5,2 tonnellate sono costituiti da abbigliamento e calzature (praticamente pari a 12 kg pro capite annuali). Secondo alcune stime, la produzione tessile contribuisce a percentuali comprese tra il 2% e il 10% delle emissioni globali di anidride carbonica, al 20% dell’inquinamento delle acque dolci e dal 16% al 35% dell’inquinamento degli oceani causato dalle microplastiche.
Cosa rientra tra i rifiuti tessili?
Nella definizione di “rifiuti tessili” rientrano, oltre ad abiti e accessori di abbigliamento, anche scarpe, tessuti di arredamento e biancheria per la casa. L’obiettivo di questa norma è quello di intercettare la maggior quantità possibile di materiale tessile, evitando che finisca in discarica o negli inceneritori, recuperando e riciclando parte delle fibre tessili. Un processo virtuoso che, oltre a dare nuova vita ai vestiti, dovrebbe ridurre la necessità di produrre nuovi capi.
Dove finiscono i vestiti che depositiamo negli appositi contenitori? Una volta raccolti, i rifiuti tessili vengono avviati a diversi processi di trattamento e recupero. I capi in buono stato possono essere riutilizzati direttamente, mentre quelli danneggiati vengono sottoposti a processi di riciclo per ottenere nuove fibre o materiali. Attualmente, solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo viene infatti raccolto separatamente per il riutilizzo, mentre il resto viene spesso incenerito o messo in discarica.
Responsabilità del produttore e multe salate per i trasgressori
Un ruolo chiave in questo processo è svolto dalla responsabilità estesa del produttore (EPR). Questa normativa impone ai produttori di prodotti tessili di farsi carico della gestione dei rifiuti derivanti dai loro prodotti, incentivando la progettazione di capi più durevoli e facilmente riciclabili.
Chi continuerà a gettare i propri abiti nell’indifferenziata rischia multe salate, che possono arrivare fino a 2.500 euro. Un deterrente che mira a responsabilizzare i cittadini e a promuovere un comportamento virtuoso.
Tra le novità del regolamento europeo anche il passaporto digitale di cui, entro il 2030, dovrà essere dotato ogni prodotto tessile venduto all’interno dell’Ue.
L’Italia l’ha introdotta (almeno sulla carta) già dal 2022
L’Italia si è mossa in anticipo, almeno sulla carta, rispetto all’obbligo europeo, introducendo la raccolta differenziata per i rifiuti tessili già dal 1° gennaio 2022, grazie al Decreto Legislativo n. 116/2020. Un’iniziativa che avrebbe dovuto permettere di sperimentare le nuove modalità di raccolta, sensibilizzando i cittadini verso questo cambiamento, ma che si è scontrata con la realtà. Come ha denunciato Emma Pavanelli, portavoce M5S alla Camera dei deputati in Commissione attività produttive: “Il nostro Paese si trova impreparato a rispettare questo importante traguardo a causa dell’ingiustificata inerzia del ministero dell’Ambiente, in quanto la normativa europea richiede un quadro chiaro per il riciclo e il recupero dei materiali tessili, ma il decreto End of waste, che dovrebbe definire i criteri per cessare la qualifica di rifiuto, è ancora assente”. Secondo la deputata “questa mancanza non solo ostacola l’industria del riciclo ma impedisce all’Italia di sfruttare appieno le potenzialità economiche e ambientali della filiera”. “Ad oggi – sottolinea Pavanelli – non è stata promossa alcuna campagna informativa per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della raccolta differenziata dei tessili e sulle modalità di conferimento”. Anzi “in molte città italiane mancano anche i cassonetti dedicati alla raccolta dei rifiuti tessili con il rischio concreto che tali rifiuti finiscano nell’indifferenziato, aggravando l’impatto ambientale”.