Uk, pomodoro cinese venduto come italiano e frutto di lavoro forzato. Petti nella bufera

POMODORO CINESE

L’inchiesta della Bbc: “Alcuni prodotti testati contengono pomodori cinesi coltivati dalla minoranza degli Uiguri ridotti in schiavitù dal governo di Pechino. Molti di questi concentrati, venduti dai supermercati inglesi, sono confezionati da Petti”. La replica dell’azienda: “Non sono coinvolte conserve di pomodoro a marchio Petti”

Pomodoro cinese raccolto tramite lavoro forzato venduto nei supermercati inglesi e tedeschi comeitaliano“. La denuncia arriva da un’inchiesta della Bbc che ha testato 64 diverse conserve di pomodoro vendute nei supermercati nel Regno Unito, in Germania e negli Stati Uniti: a seguito di analisi specifiche sull’origine della materia prima, 17 prodotti analizzati conterrebbero pomodori cinesi, 10 dei quali sono confezionati dall’italiana Petti.

Alcuni dei “concentrati” di pomodoro testati dalla Bbc tra aprile e agosto 2024

Non solo un caso di “italian sounding” made in Italy ma sopratutto una vicenda che chiama in causa lo sfruttamento del governo di Pechino di una minoranza musulmana, quella degli Uiguri, che viene perseguitata da anni e secondo le denunce delle Ong costretta ai lavori forzati anche nei campi della regione dello Xinjiang, la principale zona di coltivazione di pomodoro al mondo.

Come riporta l’autorevole testata britannica, alcuni concentrati (si veda la foto sopra) “riportavano “italiano” nel nome, come la “Italian Tomato Purée” di Tesco. Altri contengono “italiano” nella descrizione, come il doppio concentrato di Asda che afferma di contenere “pomodori coltivati ​​in Italia in purea” e la “Essential Tomato Purée” di Waitrose che si descrive come “passata di pomodoro italiana””.

La maggior parte dei pomodori cinesi proviene dalla regione dello Xinjiang, dove la loro produzione è legata al lavoro forzato degli uiguri e di altre minoranze in gran parte musulmane. L’Onu accusa lo stato cinese, che considera queste minoranze un rischio per la sicurezza, di tortura e abusi. Il governo di Pechino nega la persecuzione nonostante i dossier di molte Ong abbiamo testimoniato la riduzione in schiavitù degli uiguri e molti sono i dossier che dimostrano come molti prodotti di consumo venduti in Europa siano prodotti con l’impiego di lavoratori forzati. Gli Usa hanno da tempo istituito sanzioni per chi importa prodotti ottenuti con il lavoro forzato degli uiguri. A cominciare dal pomodoro.

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Dallo Xinjiang a Salerno

Mettendo insieme i dati di spedizione da tutto il mondo, la Bbc ha scoperto come la maggior parte dei pomodori dello Xinjiang viene trasportata in Europa: in treno attraverso il Kazakistan, l’Azerbaijan e in Georgia, da dove vengono spediti in Italia. In particolar modo in provincia di Salerno e l’azienda apparsa ripetutamente come destinataria della materia prima era la Antonio Petti: secondo Bbc “l’azienda ha ricevuto più di 36 milioni di kg di concentrato di pomodoro dalla società Xinjiang Guannong e dalle sue sussidiarie tra il 2020 e il 2023″. Il gruppo Petti produce prodotti a base di pomodoro con il proprio nome, ma ne fornisce anche altri ai supermercati in tutta Europa che li vendono come prodotti a marchio proprio.

L’inchiesta dell’emittente britannica oltre che basarsi sui dati di fornitura e sulle analisi di laboratorio ha messo in campo anche un giornalista sotto copertura. Vale la pena riportare quello che scrive la Bbc:

“Un reporter sotto copertura della Bbc si è spacciato per un uomo d’affari che voleva fare un grosso ordine all’azienda. Invitato a visitare una fabbrica aziendale in Toscana da Pasquale Petti, direttore generale di Italian Food, casa madre del gruppo Petti, il nostro reporter gli ha chiesto se Petti usasse pomodori cinesi. “Sì… In Europa nessuno vuole pomodori cinesi. Ma se per te va bene, troveremo un modo per produrre al miglior prezzo possibile, anche usando pomodori cinesi“, ha risposto Petti.

La telecamera sotto copertura del reporter ha anche catturato un dettaglio cruciale: una dozzina di barili blu di concentrato di pomodoro allineati all’interno della fabbrica. Un’etichetta visibile su uno di essi recitava: “Xinjiang Guannong Tomato Products Co Ltd, data di produzione 2023-08-20“. Nella sua risposta alla nostra indagine, il gruppo Petti ci ha detto di non aver acquistato da Xinjiang Guannong da quando la società è stata sanzionata dagli Stati Uniti per aver utilizzato lavoro forzato nel 2020, ma ha affermato di aver regolarmente acquistato concentrato di pomodoro da una società cinese chiamata Bazhou Red Fruit. Questa società “non ha utilizzato lavoro forzato”, ci ha detto Petti. Tuttavia, la nostra indagine ha scoperto che Bazhou Red Fruit condivide un numero di telefono con Xinjiang Guannong e altre prove, tra cui l’analisi dei dati di spedizione, suggeriscono che Bazhou sia la sua società fantasma. Petti ha aggiunto che: “In futuro non importeremo prodotti a base di pomodoro dalla Cina e rafforzeremo il nostro monitoraggio dei fornitori per garantire il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori”.

La replica di Petti: “Non sono coinvolti prodotti con il nostro marchio”

Abbiamo chiesto a Petti una posizione in merito all’inchiesta della Bbc: “L’inchiesta della Bbc, girata nella scorsa primavera, è relativa allo sfruttamento della manodopera in alcune regioni della Cina per il presunto utilizzo di concentrato di pomodoro cinese dello Xinjiang in alcuni prodotti private label confezionati l’anno scorso per il mercato britannico dal nostro stabilimento in Campania a marchio Asda, Tesco e Morrisons insieme a prodotti degli stessi marchi confezionati da altri stabilimenti nel Sud Italia. Il reparto qualità dell’altro stabilimento del Gruppo in Campania, che non produce prodotti a marchio Petti, ha chiarito tutto anche attraverso i nostri legali alla Bbc per il corretto prodotto utilizzato per produrre i diversi marchi private label con pomodoro italiano e altri marchi private label con dicitura origine UE – NON UE della materia prima. Sottolineiamo che nel reportage non c’è nessun riferimento ai prodotti a marchio Petti perché nello stabilimento Italian Food di Venturina Terme – Livorno, tutti i prodotti Petti in bottiglie e scatole vengono confezionati solo in diretta da pomodoro fresco durante l’estate. Utilizziamo materia prima dalla Toscana per i prodotti Petti e dalle altre regioni vicine per i prodotti private label”.

In merito ai fusti rinvenuti in azienda dai report della Bbc con data agosto 2023 e provenienza cinese (foto sopra), l’azienda precisa: “Relativamente alla presenza dei fusti con etichetta provenienza Xinjiang – Cina che sono stati ripresi nel nostro stabilimento toscano, trattasi di fusti che vengono acquistati vuoti e usati da rivenditori di questa tipologia di imballo in ferro per la campagna di trasformazione estiva. Prima della produzione vengono rimossi tutti i vecchi sticker in modo che ogni fusto abbia una tracciabilità chiara e dettagliata del prodotto all’interno, vengono poi utilizzati come mero involucro della nostra produzione di semi-lavorati da pomodoro fresco in sacchi asettici e etichettati con uno sticker attestante il nome del prodotto, la data di produzione e la data di scadenza.
Ad ogni modo questa inchiesta è rivolta principalmente contro i supermercati europei che, per ridurre il prezzo sugli scaffali, chiedono alle fabbriche che producono prodotti PL di avere prezzi di vendita più competitivi utilizzando materie prime NON UE. Nulla comunque è legato al problema della tracciabilità del prodotto”.

Il precedente del 2021

Non è la prima volta che Petti finisce nel mirino delle inchieste giornalistiche per l’importazione di pomodoro dalla Cina e in special modo dalle regioni dove sono impiegati gli uiguri. Nel novembre 2021 un’inchiesta di Investigative reporting project Italy (IrpiMedia) e Cbc Canada svelò come “decine di migliaia di tonnellate di concentrato di pomodoro proveniente dalla regione cinese dello Xinjiang sbarcano in Italia ogni mese. Entrano in alcune tra le più importanti aziende conserviere in fusti da diversi chili ed escono sotto forma di tubetti o barattoli pronti per essere consumati in tutto il mondo”.

Attraverso l’analisi di dati doganali e documenti sanitari, IrpiMedia ha catalogato i rapporti commerciali tra i produttori di concentrato nello Xinjiang e le aziende di trasformazione italiane. Sono dodici i gruppi conservieri che almeno fino a giugno scorso hanno acquistato derivati del pomodoro nello Xinjiang. “Re assoluto della rotta sino-campana – scrive IrpiMedia – è il gruppo Petti, storico nome dell’industria delle conserve. Nei primi sei mesi del 2021 ha importato circa il 57% di tutto il concentrato di pomodoro cinese sbarcato in Italia”. Tra i diversi fornitori di Petti con sede nello Xinjiang spicca Cofco Tunhe, un’azienda che collaborerebbe con i corpi paramilitari cinesi presenti nell’area. Un nome che torna ancora oggi nell’inchiesta della Bbc: “La Bbc ha appreso che i pomodori (impiegati in alcune conserve testate dall’emittente, ndr) sono stati forniti dalla società dello Xinjiang Cofco Tunhe, che gli Stati Uniti hanno sanzionato a dicembre dell’anno scorso per lavoro forzato“.

Le analisi per individuare la vera origine del pomodoro

Come è stato possibile accertare la provenienza cinese del pomodoro, specie di quello etichettato come italiano? Bbc si è affidata all’australiana Source Certain, un’azienda di verifica dell’origine di fama mondiale, per verificare se le dichiarazioni di origine sulle etichette delle passate fossero fondate. L’azienda ha analizzato gli oligoelementi tipici che i pomodori assorbono dall’acqua e dai terreni locali, una sorta di marcatori del territorio di origine.

Source Certain ha quindi confrontato quei profili nazionali degli oligoelementi con le 64 conserve di pomodoro testate da Bbc, la maggior parte delle quali dichiarava di contenere pomodori italiani o dava l’impressione di contenerli, e alcune che non riportavano alcuna indicazione di origine. “I risultati di laboratorio – si legge nell’inchiesta – hanno suggerito che molti di questi prodotti contenevano effettivamente pomodori italiani, inclusi tutti quelli venduti negli Stati Uniti, i principali marchi italiani tra cui Mutti e Napolina e alcuni marchi propri di supermercati tedeschi e britannici, tra cui quelli venduti da Sainsbury’s e Marks & Spencer. Ma 17 sembravano contenere pomodori cinesi, 10 dei quali sono prodotti da Petti. Di quei 10 prodotti da Petti, questi erano in vendita nei supermercati del Regno Unito al momento del test da aprile ad agosto 2024“.