Nell’agricoltura italiana ci sono 200mila irregolari, paghe da fame, ma anche una presenza preoccupante di frodi che permettono di dirottare i contributi verso familiari e uomini dei clan che non lavorano i campi. La fotografia del VII Rapporto Agromafie della Flai Cgil
Nell’agricoltura italiana ci sono 200mila irregolari, paghe da fame per chi lavora nei campi, ma anche una presenza preoccupante di frodi che permettono di dirottare i contributi verso familiari e uomini dei clan che non lavorano i campi. La fotografia arriva dal VII Rapporto Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil. Nel dettaglio, tra gli 8mila e i 10mila in Piemonte, oltre 6mila in Trentino, più di 10mila in Basilicata, circa 12mila in Calabria. Sono le lavoratrici e i lavoratori irregolari nell’agricoltura italiana, un settore che vale 73,5 miliardi di euro e in cui imperversano sfruttamento e lavoro nero.
I controlli (ancora insufficienti)
Su un totale di 3.529 controlli nel settore agricolo conclusi dall’Ispettorato nazionale del lavoro lo scorso anno, 2.090 hanno rilevato irregolarità, pari al 59,2%. “Il punto è che le ispezioni sono ancora troppo poche” spiega il rapporto. Solamente nei controlli successivi all’omicidio dell’operaio agricolo Satnam Singh – compiuti il 3 luglio, 25 luglio e nei primi 10 giorni di agosto 2024 – sono state ispezionate 1.377 aziende agricole. Poco meno della metà di quelle compiute in tutto il 2023. Nel complesso del settore agroalimentare italiano, reati e illeciti amministrativi sono aumentati del 9,1%.
Il lavoro povero
E poi c’è il dramma del lavoro povero, di chi lavora per vivere, ma ha paghe da fame. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio Placido Rizzotto, è di circa 6mila euro la retribuzione media lorda annuale dei dipendenti agricoli in Italia, e di 7.500 euro quella media.
“Basta nascondersi dietro il Made in Italy”
“Mi rivolgo alle istituzioni: bisogna smettere di nascondere la polvere sotto il tappeto per salvaguardare il buon nome del Made in Italy – dichiara Francesca Re David, segretaria nazionale Cgil, a margine della presentazione -. Vanno messi in campo tutti gli strumenti idonei a sradicare finalmente questo odioso fenomeno a partire dalla programmazione continua e capillare dei controlli, applicando finalmente gli indici di coerenza, fino alla completa applicazione della legge 199 contro lo sfruttamento lavorativo: va ripristinato un luogo pubblico e trasparente per l’incrocio della domanda e dell’offerta di lavoro e vanno trovate soluzioni che diano risposte al trasporto e all’alloggio dei lavoratori e delle lavoratrici per liberarli dalle catene in cui si infiltrano i caporali e spesso anche la malavita”.
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Terra!: “Sul prezzo, enormi squilibri di lungo la filiera”
A proposito di domanda e offerta, interessante la riflessione di Fabio Ciconte, fondatore dell’associazione Terra!: “Secondo alcuni dati pubblicati recentemente da Ismea, su 100 euro spesi al supermercato, solo 1,5 finisce al produttore, 2,2 alla Gdo e tutto il resto finisce tra logistica e trasformazione. Gli squilibri sono evidenti e enormi, e su di essi dobbiamo intervenire. Ed è ora di smettere di buttare la responsabilità sulle spalle del consumatore che ormai, anche per il potere d’acquisto diminuito, non ha alcun potere. La verità è che il cibo paradossalmente costa sia troppo (per tante famiglie) che troppo poco (per remunerare adeguatamente chi lo produce). Bisogna intervenire a livello politico”.
Gli interessi delle mafie
“I dati contenuti nel VII Rapporto Agromafie e Caporalato – aggiunge il segretario generale della Flai Giovanni Mininni – ci dicono che irregolarità e sfruttamento continuano a pesare molto sul modello produttivo del nostro sistema agricolo. Redditi clamorosamente insufficienti e condizioni di lavoro, e quindi vita, insostenibili sono caratteristiche ancora profondamente radicate, ben più di quanto dicono i numeri ufficiali, censiti dall’Istat o emersi nelle poche ispezioni dell’Ispettorato del lavoro. E in un quadro del genere si infiltra troppo facilmente la criminalità delle agromafie alimentando la concorrenza sleale tra le imprese – prosegue Mininni -. Per noi, battersi per la legalità è battersi anche per la giustizia sociale. Ecco perché continuiamo a chiedere l’abolizione della legge Bossi-Fini e un’applicazione completa di quella contro il caporalato, per una società e un modello di sviluppo che tutelino lavoro e ambiente”.
Le frodi all’Inps
A tal proposito, Iolanda Rolli, prefetto a Reggio Emilia e primo Commissario Straordinario del Governo per contrastare il caporalato nell’area di Manfredonia, punta il dito sugli altri reati nascosti: “Attenzione che il caporalato spesso agisce come lavatrice per altri reati. Tra questi le frodi all’Inps. Sono tanti i casi di aziende in cui i contributi previdenziali non vengono pagati ai veri lavoratori ma a gente che sul campo non va. E non si tratta solo del fratello, del cugino, di amici e parenti, ma anche di uomini legati alla criminalità organizzata”.