L’ultima è quella scoperta dalla Guardia di Finanza di Roma: base a Frascati e schema Ponzi per vendere una criptovaluta inesistente e 63 milioni di euro sequestrati. Ma chi vuole attrarci con Bitcoin o investimenti bidone usa tecniche sempre diverse. Vi raccontiamo la nostra esperienza
Uno schema Ponzi questa volta attivo nel settore delle criptovalute, con base a Frascati ma che pescava in tutta Italia. È quello scoperto nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Roma e che ha portato al sequestro dell’equivalente di 63 milioni di euro.
L’approccio anche era differenziato: dalle pubblicità sul web e sui canali social si arrivava ai vari meet on line coi clienti o addirittura di persona. E il “prodotto”, reso attraente dalla promessa di rendimenti stratosferici in breve tempo era una nuova moneta digitale fantasma, gestita da una società abusiva. Il tutto si teneva in piedi, come anticipato, con il più classico schema Ponzi: a ripagare gli interessi dei vecchi investitori erano i soldi che arrivavano dai nuovi, dato che non c’era alcuna reale attività di investimento in criptovalute. Un meccanismo destinato, come sempre, a chiudere improvvisamente i rubinetti: nessun rimborso, società e soldi dei clienti spariti dai radar e investitori bifonati.
È questo uno dei rischi (anche) delle monete virtuali che, con l’enorme mercato che hanno, attraggono anche molti malintenzionati che tentano di svuotare le tasche a quanti cascano sotto le loro promesse. Badate bene: non tutti quelli che propongono investimenti su Bitcoin & Co. sono truffatori, ma come descriviamo nell’inchiesta pubblicata sul numero in edicola i rischi non mancano.
Così hanno provato a fregarci
Proprio mentre stavamo lavorando al servizio sulle criptovalute, per esempio, abbiamo ricevuto un messaggio privato sul social Telegram. La persona in questione, Luca S., ci dice
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di far parte, come noi, di una chat di gruppo in cui circolano informazioni sui casi di inquinamento da Pfas. Effettivamente ne facciamo parte, ma non capiamo dove vuol andare a parare e glielo chiediamo. Finge di volersi aggiornare sul gruppo, e poi, aggiunge: “Volevo aggiornarti su Cfxfinance”. Nella nostra testa suona un campanello: chissà che la notizia che cerchiamo non ci stia inseguendo. Chiediamo di che si tratta, e Luca S. ci risponde: “Cfxfinance è una società ben nota che offre un reddito interessante ai propri investitori pari al 2% giornaliero del tuo deposito per 7 giorni da cui puoi prelevare a seconda della tua scelta”.
La puzza di bruciato aumenta anche a partire dal linguaggio usato, a volte sgrammaticato, che dà l’impressione di essere tradotto male da un’altra lingua: “Comprendi come funziona. Ad esempio, se il deposito minimo dell’azienda è $ 100, dovresti guadagnare il 2% di 100 = 2 × 7 giorni = 14. Più il deposito iniziale = 114. Puoi prelevare, reinvestire o ricaricare per aumentare i tuoi guadagni, ok”.
Sentiamoci solo via Whatsapp
Ci invita a passare su Whatsapp fornendoci un numero, ma prima cerchiamo di capire meglio, e chiediamo esplicitamente e ripetutamente di sentirci al telefono per esser sicuri di non avere a che fare con un bot, e in generale che non sia una truffa. Le risposte sono sempre elusive, in un caso ci viene risposto con un emoticon che sghignazza. Pensando di aver agganciato un “pollo”, Luca S. torna alla carica il giorno dopo: “C’è questo programma in corso nell’azienda che offre un bonus gratuito di $ 10 a ogni investitore che partecipa all’azienda, vorrei che tu ti iscrivessi e guadagnassi anche questo bonus, Ok”. A quel punto, passiamo a chiedere informazioni su Cfxfinance. È affidabile e accreditata? “L’azienda è molto legittima. Hanno anche ricevuto una carta di debito per il prelievo di contanti che puoi esaminarla e vederla da solo” risponde Luca S., “la società fornisce carte di debito per prelievi di contanti, è condivisa a livello globale perché è una società ben registrata”.
Dalla Nuova Zelanda con troppe ombre
In che senso? “È una società di investimento, quando arrivi a un livello per ottenere la carta di debito, i tuoi guadagni verranno estratti direttamente sulla carta di debito. Con questo non devi sostenere tutte quelle spese negli scambi, capito adesso?” La risposta è del tutto insensata. Per tanto facciamo una ricerca autonomamente, trovando dei risultati sempre più paradossali e divertenti. Innanzitutto, a parte il sito cfxfinance.com, non troviamo alcun altro riferimento alla società in nessuna altra parte del web. Nella homepage del sito spiegano in inglese che la società è genericamente accreditata in Nuova Zelanda, ed è di proprietà della Oxford Holding Ltd. Cerchiamo entrambe le sigle tra gli operatori accreditati a operare in Italia sul sito della Consob ma nessuna traccia. Troviamo invece che effettivamente una Oxford Holding Ltd in Inghilterra è stata registrata tra le aziende esistenti, ma il registro pubblico delle imprese aggiunge che la società è stata sciolta nel maggio del 2019.
Pesca a strascico
Continuiamo la nostra ricerca e troviamo solo un profilo Instagram con le immagini di un uomo che, con un’ulteriore ricerca scopriamo essere accusato da diversi media nigeriani di essere scappato con quasi 900mila euro di investitori. Il quadro ci sembra abbastanza chiaro e proviamo a telefonare al numero che Luca S. ci ha forniti per discutere su Whatsapp (probabilmente gli servirebbe ad avere un ulteriore nostro dato sensibile). Risultato: il numero risulta sempre occupato. Blocchiamo Luca s., segnaliamo agli amministratori del gruppo Telegram che qualcuno lo usa come bacino per la pesca a strascico su dubbie operazioni di investimento, e chiudiamo la pratica con ancora tutti i nostri soldi nel conto.