Un anno che ricorderemo come il Toxic Deal europeo

PFAS
EU flags waving in front of European Parliament building. Brussels, Belgium

Nel programma di lavoro 2024 l’esecutivo dell’Ue ha definitivamente ceduto alla forte pressione dell’industria chimica europea e dei partiti di destra rinunciando a mettere mano al regolamento Reach che disciplina le sostanze pericolose in Europa. Niente più divieti, quindi per i Pfas.

L’impegno a “vietare le sostanze chimiche più dannose nei prodotti di consumo, consentendone l’uso solo dove essenziale” era un elemento di punta del Green Deal europeo lanciato nel 2020. Si prevedeva che tra 7mila e 12mila sostanze pericolose sarebbero state vietate, compresi molti Pfas. E invece, come avevano anticipato il quotidiano britannico The Guardian e Le Monde, l’esecutivo dell’Ue ha definitivamente ceduto alla forte pressione dell’industria chimica europea e dei partiti di destra. Rinunciando a mettere mano al regolamento Reach che disciplina le sostanze pericolose in Europa.

“Data la complessità del dossier, è possibile che l’emendamento Reach dovrà essere portato avanti nel prossimo mandato”, ha detto ieri agli eurodeputati il commissario UE Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione e attuale capo del Green Deal UE.

Tatiana Santos, responsabile della politica sulle sostanze chimiche presso l’Ufficio europeo dell’ambiente (Eeb), una rete di organizzazioni di cittadini ambientalisti, non ha dubbi: “La Commissione europea ha tradito i cittadini europei, chiudendo un occhio sull’inquinamento chimico e privilegiando gli interessi a breve termine dell’industria tossica rispetto a quelli dei suoi cittadini. È ormai chiaro che per questa Commissione i profitti dell’industria chimica sono più importanti della salute degli europei. Il Green Deal europeo sarà ricordato come il Toxic Deal europeo”. E poi ha aggiunto: “L’incapacità dell’Ue di controllare le sostanze chimiche dannose è scritta nel sangue contaminato di quasi tutti gli europei. Ogni ritardo porta più sofferenze, malattie e persino morti precoci. ”.
Lo studio d’impatto di 77 pagine trapelato nei giorni precedenti faceva parte di una revisione degli obiettivi nel regolamento Reach piuttosto timido che doveva essere lanciato entro fine di anno ma nel programma di lavoro della Commissione per il 2024 che è stato annunciato ieri ogni revisione è saltata. E non si è tenuto minimamente in conto la bozza di analisi che stima i risparmi sanitari derivanti dai divieti: oltre 10 volte i costi per l’industria. I pagamenti ridotti per il trattamento di malattie come il cancro e l’obesità ammonterebbero tra gli 11 e i 31 miliardi di euro l’anno, mentre i costi di adeguamento per le imprese sarebbero tra 0,9 miliardi e 2,7 miliardi di euro all’anno.
Un funzionario dell’Ue ha raccontato in anonimato al Guardian che gli sforzi per attenuare la revisione legale sono stati aiutati da “un cambiamento completo nella forza del sostegno ai consumatori e all’ambiente” a Bruxelles, soprattutto da parte degli eurodeputati del Partito popolare europeo, lo stesso della presidente Ursula von der Leyen, che avrebbero perso passione per la riforma. Secondo il funzionario “la sensazione nella Commissione è quasi come se fosse un dato di fatto che non possiamo creare troppi problemi all’industria – indipendentemente dai benefici per la salute pubblica – e che le aziende soffrono molto delle nostre normative sui prodotti chimici”.
Anche diversi capi di Stato europei si erano aggiunti alla pressione. Il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva chiesto una “pausa normativa” nel diritto ambientale per aiutare l’industria, il primo ministro belga, Alexander De Croo, aveva dichiarato a maggio: “Se stiamo sovraccaricando le persone con regole e regolamenti, rischiamo di perdere la sostegno pubblico all’agenda verde”. Il Ppe, lo scorso settembre, ha proposto per la prima volta “una moratoria normativa [per] ritardare quegli atti che aumenterebbero inutilmente i costi per le imprese… come il Reach”, proprio mentre Basf annunciava un ridimensionamento degli stabilimenti in Europa a causa della “eccessiva regolamentazione”.