I paesi dove è in vigore e i principali benefici della Carbon tax, l’ecotassa per favorire la transizione ecologica. In Italia è stata varata nel 1998 ma mai imposta dallo Stato alle industrie inquinanti
Le tematiche ambientali, a lungo ignorate, sono oggi al centro del dibattito europeo, con il vecchio continente alle prese con una vera e propria inversione di paradigma produttivo e sociale per provare a ridurre le proprie emissioni inquinanti prima che sia troppo tardi. Molti i piani e i progetti dibattuti per arrivare al difficile obiettivo delle emissioni zero, anche se non si può non notare come molto spesso gli stessi vengano osteggiati dall’attuale settore produttivo e da cattive abitudini quotidiane molto difficili da dissuadere. In tale ottica un ruolo molto importante è rappresentato dalla Carbon tax, ovvero una tassa sull’emissione di diossido di carbonio, principale responsabile dell’inquinamento atmosferico.
Carbon tax: che cos’è
La Carbon tax è stata introdotta per la prima volta in alcuni paesi dell’Unione europea negli anni 90, ma ha subito un lungo processo di discussione ed è stata molto osteggiata. I suoi effetti, dunque, hanno tardato ad arrivare, ma per fortuna negli ultimi anni se ne è compreso maggiormente l’importanza per la salvaguardia dell’ambiente. Al G20 di Venezia del 2021, ad esempio, i potenti del mondo si sono espressi per la prima volta positivamente sul principio di tassazione delle emissioni di CO2.
Carbon tax: come funziona
La Carbon tax, come detto, è un’ecotassa che mira a ridurre le emissioni di biossido di carbonio andando a tassare i paesi in proporzione a quanta ne producono. Per il calcolo dell’imposta si fa riferimento alla quantità di emissioni climalteranti che vengono immesse nell’atmosfera in un dato periodo, alle quali viene applicata un’aliquota per ogni tonnellata di anidride carbonica prodotta dalle aziende.
La logica di questo strumento di politica fiscale è che chi si rende maggiormente colpevole dell’inquinamento ambientale, debba sostenere, almeno in parte, il costo. Con questa tassa si cerca, dunque, di disincentivare l’utilizzo dei combustibili inquinanti spingendo le aziende verso nuove forme energetiche più sostenibili che abbiano un minore impatto sull’emissione dei gas serra.
È inoltre necessario specificare che il biossido di carbonio, CO2, non è l’unica tipologia di emissione inquinante, ma è quella che per gli esperti influisce maggiormente – per più della metà – sull’effetto serra scatenato dalle attività umane. Ne deriva che l’unità di misura per monitorare la situazione sia la CO2e, unità di misura nella quale la “e” indica le sostanze equivalenti. In questo modo, dunque, si può esprimere in maniera uniforme l’impatto sul clima dei diversi gas serra, compresi il metano e il protossido di azoto.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Gli obiettivi della Carbon tax
In base ai discorsi fin qui affrontati, è possibile dire che la Carbon tax persegua, principalmente, due obiettivi:
- orientare le imprese verso dei comportamenti che limitino il più possibile l’impatto negativo dell’attività di produzione sull’ambiente;
- generare, in quanto strumento di politica fiscale, un introito che possa essere poi utilizzato in altre attività finalizzate alla transizione ecologica. Ecco dunque che le somme ricevute sotto forma di tassa sul carbonio potranno essere investite su iniziative finalizzate a mitigare il riscaldamento globale, per opere di intervento a sostegno delle aree più vulnerabili o come forma di risposta alle esigenze sociali delle categorie più fragili.
La Carbon tax in Italia
Come si colloca l’Italia in relazione alla Carbon tax? Il nostro paese ha introdotto per la prima volta questa ecotassa nel 1998, più nello specifico se ne parla all’art. 8 della legge n. 448 del 23 dicembre di quell’anno, ma in realtà non è mai stata resa effettiva. Per fortuna, ci sono altri Stati che hanno invece provveduto ad applicarla da alcuni anni con risultati di grandi livello. La Svezia, ad esempio, nel periodo compreso tra il 1990 e il 2006 ha tagliato grazie alla Carbon tax le emissioni di CO2 del 9%. E ancora, ad aver applicato l’ecotassa sul carbonio – o meccanismi analoghi – al 1° ottobre 2021 erano 47 giurisdizioni, ovvero paesi, province o città. A riferire è il rapporto elaborato da Ic4e, Institute for climate economics, che sottolinea anche come il Pil aggregato delle giurisdizioni aderenti rappresenti circa il 60% del prodotto interno lordo globale. A spingere in tal senso sono principalmente la Cina e la Germania. Anche gli introiti fiscali derivanti dalla Carbon tax o simili hanno un valore importante: secondo Ic4e questi sistemi di tariffazione del carbonio hanno generato introiti fiscali per 56,8 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2020-2021. Un aumento netto di 48 miliardi di dollari rispetto all’anno precedente. Interessante notare anche la ripartizione delle entrate, con ben il 52% che deriva dalle tasse sul carbonio.
Le questioni legate alla Carbon tax
Come si diceva in apertura, il percorso della Carbon tax è stato fin qui molto complicato con le questione ad essa legate che non si sono limitate solo alla correttezza della sua applicazione, ma si sono estese soprattutto al valore dell’aliquota da applicare e, quindi, a quale debba essere il più corretto da associare ad una tonnellata di emissioni di anidride carbonica. È, come evidente, un tema di politica fiscale che dunque risente fortemente dell’orientamento e della sensibilità propria del governo di una giurisdizione. Ma quanto costa, ad oggi, una tonnellata di CO2e? Sempre secondo il rapporto pubblicato da Ic4e, al 1° ottobre 2021 i prezzi espliciti per tonnellata variavano da meno di 1 dollaro a 142 dollari. Oltre il 46% delle emissioni regolate, tuttavia, aveva un prezzo inferiore a 10 dollari. Lo scopo dichiarato in tal senso è quello di raggiungere prezzi compresi tra 40 e 80 dollari per tonnellata di CO2e entro il 2020 e tra i 50 e 100 dollari per tonnellata di CO2e entro il 2030. Il tutto rientra nella più grande finalità di ridurre la temperatura globale di 2 gradi Celsius pur continuando a sostenere la crescita economica.
Cerchiamo ora di capire come si assegna il valore della Carbon tax. Iniziamo col dire che la sua definizione è propria dal governo del paese che decide di applicare la tassa. Nella sua valutazione lo stesso tiene in considerazione le esigenze ambientali specifiche e l’orientamento politico nazionale. Quanto ai metodi di calcolo dell’ecotassa, questi sono sostanzialmente due:
- l’efficient pricing, che parte dalla stima di quali sarebbero i costi dell’energia se fossero efficienti e riflettessero fedelmente i danni ambientali e sociali generati dal loro consumo. Per effettuare tale calcolo vengono presi in considerazione anche i danni arrecati al clima dalle emissioni di CO2, dall’inquinamento prodotto da altre emissioni e dai danni al manto stradale causati dai veicoli a motore.
- Il calcolo che rimane coerente con gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi che, ricordiamo, prevede un aumento delle temperature di soli 2 gradi Celsius.
Carbon Tax: da chi viene pagata
Per comprendere a pieno chi è tenuto a pagare la Carbon tax è necessario intendere i crediti di carbonio come delle unità finanziarie con un valore pari a una tonnellata di CO2 equivalente. Queste possono essere vendute ed acquistate, motivo per il quale non c’è un’unica parte interessata a tale meccanismo. Più nello specifico abbiamo:
- un acquirente;
- un venditore;
- un ente esterno che si occupa del progetto di tutela ambientale;
- le parti coinvolte indirettamente, ovvero quelle attratte dalla capacità compensativa del soggetto che possiede crediti di carbonio.
L’insieme di tutti questi soggetti contribuiscono a tutelare e salvaguardare l’ambiente e sono gli stessi che dovranno provvedere al pagamento dell’ecotassa.
I vantaggi della Carbon tax
Dai discorsi fin qui affrontati è possibile estrapolare alcuni evidenti vantaggi derivanti dall’applicazione della Carbon tax. Il primo è naturalmente di natura ambientale: con tasse efficienti dell’energia applicate in tutto il mondo il livello di emissioni di CO2 calerebbe del 23% e le morti per aria inquinata del 63%. Ci sono anche dei vantaggi economici in quanto con l’applicazione delle tasse, gli introiti fiscali guadagnati consentono di reinvestire in attività sostenibili.
Ets, una soluzione alternativa alla Carbon tax
Un meccanismo che viene spesso indicato come alternativo alla Carbon tax è quello dell’Ets, Emission trading system. Si tratta di uno strumento esplicito per la determinazione del prezzo che limita la quantità di emissioni di gas serra consentite. In questo caso, dunque, è il mercato a determinare il prezzo attraverso lo scambio di quote di emissione da parte degli emittenti. Questo strumento è molto diffuso soprattutto in Europa, tanto che l’Ue Ets è il primo grande mercato del genere al mondo e rimane, ad oggi, il più grande.