Come richiedere la cancellazione di debiti attribuiti per sbaglio dall’Agenzia delle entrate

debiti

Come deve comportarsi il contribuente che riceve un debito non dovuto dall’Agenzia delle entrate: il processo di ricorso e annullamento dell’addebito.

Cosa occorre fare quando si ritiene che la richiesta di pagamento contenuta nella cartella o nell’avviso inviato dall’Agenzia delle entrate non è dovuto?

L’Agenzia delle entrate, attraverso le cartelle di pagamento o esattoriali, richiede al contribuente il pagamento delle somme risultate a debito a seguito dell’attività di controllo dell’ente creditore, sia questo l’Agenzia stessa, l’Inps, i comuni o altri. All’interno della cartella di pagamento viene riportata la descrizione delle somme dovute dal contribuente, l’intimazione ad adempiere nel termine di 60 giorni dalla notifica e tutte le informazioni sulle modalità di pagamento e su quelle per chiedere il riesame, la sospensione o l’annullamento del debito rivolgendosi all’ente creditore o presentando ricorso al giudice. Ma ecco come comportarsi in casi di addebito non dovuto.

Cosa fare quando si riceve una cartella esattoriale

Una volta ricevuta la cartella esattoriale dall’Agenzia delle entrate, il contribuente ha davanti a sé alcune possibilità:

  • pagare;
  • chiedere la rateizzazione;
  • chiedere l’annullamento, il ricorso e la sospensione della cartella.

Cancellazione di debiti non dovuti all’Agenzia delle entrate

Partiamo analizzando il caso in cui il contribuente ritenga infondata la richiesta di pagamento contenuta nella cartella o nell’avviso inviato dall’Agenzia delle entrate – riscossione?

In questi casi il contribuente può richiedere l’annullamento dell’ingiusto addebito rivolgendosi:

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

  • direttamente all’ente creditore,
  • al giudice,
  • all’Agenzia delle entrate che farà da tramite con l’ente creditore interessato per l’annullamento.

A tal proposito è bene ricordare l’Agenzia delle entrate – riscossione svolge un compito che è prettamente operativo, ovvero si occupa di riscuotere dal contribuente la somma che viene indicata dagli enti pubblici creditori, come Inps, comuni e così via. È dunque l’ente creditore a presentare la richiesta di pagamento e anche il soggetto al quale il creditore dovrà rivolgersi per richiedere l’annullamento, anche detto sgravio, della somma ingiustamente attribuitagli. Per farlo, come detto, si può rivolgere direttamente all’ente oppure servirsi del tramite dell’Agenzia delle entrate – riscossione. Al fine di fornire maggiore chiarezza su questo passaggio, si ricorre ad un esempio: un contribuente riceve dall’Agenzia delle entrate – riscossione una cartella esattoriale riguardante la tassa sui rifiuti richiesta, a sua volta, dal comune di residenza del contribuente. Quest’ultimo, se non intende pagare o ha la sensazione di aver ricevuto un ingiusto trattamento, dovrà richiede l’annullamento direttamente al comune che ha emesso la richiesta di pagamento. L’Agenzia delle entrate – riscossione è dunque solo il mezzo attraverso il quale si arriva dall’ente creditore al contribuente e con il quale si assicura, in assenza di reclami, la riscossione delle somme dovute.

Rivolgendosi all’ente creditore, il contribuente che ritiene di aver ricevuto un ingiusto trattamento, dà origine al meccanismo della richiesta di annullamento per autotutela che ha il principale obiettivo di chiedere all’ente la correzione dell’errore commesso. Una volta che il creditore invia la propria richiesta di autotutela, l’ente valuterà il caso e, nel caso in cui decidesse di annullare in toto o anche solo in parte il debito del contribuente, dovrà comunque darne notifica all’Agenzia delle entrate – riscossioni. Si tratta di un passaggio fondamentale in quanto se l’Agenzia non riceve la comunicazione dello sgravio dall’ente creditore, dovrà procedere come da prassi con la riscossione nel rispetto dei tempi precedentemente indicati. La comunicazione di sgravio, invece, annulla o porziona, la somma dovuta dal contribuente. Appare evidente che in pratiche di questo tipo sia fondamentale la tempestività di richiesta del contribuente. Malgrado infatti non sia previsto un termine ultimo per presentare la richiesta di sgravio, è bene attivarsi prima che scadano i termini previsti per il pagamento delle somme dovute e riscosse dall’Agenzia delle entrate – riscossioni.

Come accennato, la richiesta di sgravio può essere presentata direttamente all’ente creditore oppure essere indirizzata all’Agenzia delle entrate – riscossioni che farà da tramite con l’ente. In questo caso il contribuente chiede la sospensione della cartella all’Agenzia delle entrate – riscossioni e attende l’esito delle verifiche che verranno poste in essere dall’ente creditore.

Cancellazione di debiti non dovuti all’Agenzia delle entrate: il ricorso al giudice

Quando un contribuente riceve un addebito che ritiene infondato può decidere anche di presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. In questo caso, chi presenta il ricorso contro la cartella di pagamento può produrre anche un’istanza di sospensione alla stessa Corte: il fine di questa sospensione giudiziale è quello del contribuente di evitare di subire i gravi danni derivanti dal pagamento effettuato prima che la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado si pronunci. Altra possibilità, non escludente rispetto alla precedente, è quello di chiedere anche una sospensione amministrativa rivolgendosi all’ufficio dell’Agenzia delle entrate che ha emesso il ruolo.

Nei casi in cui la sospensione viene concessa, ma il ricorso è respinto, al contribuente non resta altra alternativa che pagare la somma dovuta con l’aggiunta degli interessi maturati durante il periodo di sospensione del pagamento. Se il giudice, invece, dà ragione al contribuente accogliendo il ricorso, l’ente creditore dovrà annullare il debito. Si segnala tuttavia che a volte l’ente non si adegua alla decisione del giudice e per il contribuente sarà necessario far valere le proprie ragioni ricorrendo nuovamente al giudice e iniziare il cosiddetto giudizio di ottemperanza. Si tratta di un ulteriore ricorso per ottenere che l’ente applichi quanto già deciso da altro giudice.

Focus sulla sospensione legale

Il contribuente che decide di presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria, dovrà necessariamente presentare una dichiarazione nella quale indica i motivi, espressamente previsti dalla legge, per i quali ritiene di essere sottoposto ad un ingiusto trattamento. Tale dichiarazione deve essere presentata entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento o di un qualunque altro atto di riscossione – pena la decadenza – e deve essere giustificata con delle circostanze ben precise indicate sul sito dell’Agenzia delle entrate. Si tratta, nello specifico di:

  • prescrizione o decadenza del credito intervenute prima della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo;
  • provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore;
  • sospensione amministrativa (dell’ente creditore) o giudiziale;
  • sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emessa in un giudizio al quale l’Agenzia delle entrate-Riscossione non ha preso parte;
  • pagamento effettuato prima della formazione del ruolo.

Si ricorda, infine, che il contribuente che fornisce documentazione falsa viene punito con una sanzione amministrativa del valore pari al 100 – 200% delle somme dovute, con un importo minimo di 258 euro.

Cartelle esattoriali, come funziona il pagamento

Fin qui abbiamo visto quali sono le possibilità che il contribuente ha per opporsi ad un ingiusto addebito contenuto in un cartella esattoriale. Cosa succede, invece, nei casi in cui il contribuente decidesse di pagare le cartelle esattoriali? Anzitutto, le somme che risultano dovute a seguito dei controlli effettuati dagli enti creditori vengono iscritte a ruolo, ovvero all’interno dell’elenco nel quale sono indicati i nominativi dei debitori, la tipologia del credito e le relative somme dovute. Tale ruolo è costituito dall’ente creditore che lo trasmette poi all’Agenzia delle entrate – riscossione per l’elaborazione e la notifica della cartella di pagamento ai fini della riscossione delle somme indicate.

Le somme iscritte a ruolo dovranno essere pagate o ne dovrà essere richiesta la rateizzazione entro un massimo di 60 giorni dal ricevimento della notifica. Qualora questi termini non dovessero essere rispettati, l’Agenzia delle entrate – riscossione avvia nei confronti del debitore e dei suoi coobbligati:

  • procedure cautelari e conservative, come il fermo amministrativo di beni mobili registrati o l’ipoteca;
  • l’esecuzione forzata per il recupero coattivo del credito sulla base del ruolo che costituisce titolo esecutivo. È il caso del pignoramento dei beni mobili, immobili o dei crediti.

Inoltre, in caso di mancato pagamento da parte del contribuente, le somme che sono iscritte a ruolo vengono maggiorate con degli interessi di mora che vengono maturati e accumulati giornalmente dalla data di ricezione della notifica. Quanto all’entità degli interessi di mora, questi vengono decisi annualmente dal direttore dell’Agenzia delle entrate che li fissa basandosi sulla media dei tassi bancari attivi. Oltre agli interessi, possono essere anche applicate ulteriori spese.

Pagare una cartella esattoriale

Quando la cartella esattoriale viene notificata al contribuente, questa include anche in allegato il bollettino RAV o il modulo pagoPA precompilati e già riportanti l’importo che dovrà essere versato con la data di scadenza massima. Per pagare una cartella esattoriale, il contribuente può:

  • utilizzare il servizio “Paga – online” messo a disposizione dal sito dell’Agenzia delle entrate – riscossione e dall’app Equiclick;
  • utilizzare i canali telematici delle banche, di Poste Italiane e di tutti gli altri Prestatori di servizi di pagamento, Psp, che aderiscono al nodo pagoPA;
  • pagare in banca, alle Poste o in tabaccaio;
  • recarsi agli sportelli dell’Agente della riscossione.

Si ricorda inoltre che le imposte erariali e i relativi oneri accessori delle cartelle esattoriali possono essere pagati utilizzando la compensazione con altri crediti ugualmente relativi ad imposte erariali utilizzando il modello  “F24 Accise”. Possono anche essere utilizzati in compensazione i crediti commerciali che il contribuente vanta nei confronti della pubblica amministrazione, ma solo nei casi in cui ci si trovi di fronte a crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili che siano stati certificati attraverso la piattaforma informatica del ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Rateizzare una cartella esattoriale

Oltre al pagamento per intero della cartella esattoriale, il contribuente può anche decidere di rateizzare l’importo dovuto. Tale fattispecie si verifica nei casi in cui il debitore sia in una situazione di temporanea ed obiettiva difficoltà a pagare per intero l’importo dovuto. Andrà presentata in questo caso una specifica istanza all’agente della riscossione che, in base a quanto previsto dall’art.19 del DPR 602/73, verificherà la soglia di debito e le condizioni economiche dichiarate o documentate dal contribuente.

La richiesta di rateizzazione, per importi fino a 120mila euro, può essere presentata:

  • on-line tramite il servizio “Rateizza adesso” presente nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate;
  • attraverso il modello R1 da inviare via pec agli specifici indirizzi riportati all’interno del modello stesso.

In tale caso al contribuente basterà dichiarare di essere in una temporanea ed obiettiva situazione di difficoltà economica, ma non dovrà fornire nessun tipo di documentazione. Per debiti fino a 120 mila euro viene applicato un piano di rateazione ordinario che prevede una massimo di 72 rate, con le stesse che possono essere costanti nell’importo o crescenti in base alla decisione espressa dal contribuente.

Per importi superiori a 120 mila euro, la richiesta di rateizzazione di una cartella esattoriale deve essere presentata con una domanda agli specifici indirizzi pec riportati nel modello. In questo caso sarà necessario per il contribuente dichiarare di essere in una situazione di difficoltà economica temporanea allegando anche la documentazione che lo possa testimoniare. Si tratta, nello specifico, dell’Isee, Indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare. Anche in questo caso, se la richiesta è accolta, è prevista l’applicazione di una piano ordinario che prevede un massimo di 72 rate ad importo costante o crescente in base alla preferenza espressa dal contribuente.

Il numero massimo di rate di una cartella esattoriale è 72, anche se nei casi di grave e comprovata situazione di difficoltà non imputabile al debitore, la dilazione può essere estesa fino a un massimo di 120 rate mensili. Requisito fondamentale è però che non vi sia stata una decadenza, ovvero un mancato pagamento nel corso del periodo di rateazione di un determinato numero di rate anche non consecutive (10 rate anche non consecutive per le rateizzazioni concesse dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2021, 5 rate anche non consecutive per le rateizzazioni concesse dal 1° gennaio 2022). In caso di decadenza, inoltre, l’Agenzia delle entrate può:

  • richiedere l’importo residuo per intero e in un’unica soluzione;
  • concedere una nuova rateizzazione, ma solo se al momento della richiesta del nuovo piano le vecchie rate non pagate siano state integralmente saldate.