Per colpa del glifosato, nelle Antille francesi ritorna il clordecone

CLORDECONE

Non bastano gli effetti negativi del glifosato sulla salute umana. Un nuovo studio dimostra come, per colpa dell’erbicida, il clordecone ha fatto la sua ricomparsa in maniera massiccia nelle Antille francesi. Il clordecone era un insetticida ampiamente utilizzato nelle piantagioni di banane dal  1972 – 1993 per tenere sotto controllo il tonchio, uno dei insetti più nocivi per le banane. Poi questo insetticida tossico è stato vietato per motivi di salute perché ritenuto responsabile, tra le altre cose, dell’elevatissimo numero di tumori alla prostata nelle isole di Guadalupa e Martinica. Adesso lo studio “Evidence of Chlordecone Resurrection by Glyphosate in French West Indies”, pubblicato recentemente su Environmental Science and Technology da un team di ricercatori di université Savoie Mont Blanc (USMB), CNRS, CEA e CIRAD, dimostra che, il glifosato distruggendo le radici delle piante, favorisce l’erosione del suolo e il rilascio del clordecone che avevano trattenuto dalla fine degli anni ’90.

Gli scienziati francesi – scrive Actu Environnement – hanno condotto il loro studio su due siti: nei bacini del fiume Pérou in Guadalupa e del fiume del Galion Martinica ed evidenziano che «queste aree sono, in parte, ricoperte da piantagioni di banane o campi di canna da zucchero». Hanno analizzato carote di sedimenti marini prelevati vicino alle foci dei due fiumi e, grazie a questo metodo basato sul concetto di feedback, hanno potuto seguire il trasferimento, la destinazione e le conseguenze a lungo termine del clordecone nell’ambiente.

I ricercatori spiegano come si è verificato un fenomeno che può sembrare controintuitivo: «Il glifosato, un erbicida utilizzato dalla fine degli anni ’90, ha indotto una maggiore erosione del suolo che ha portato al rilascio del clordecone stoccato nei terreni dei campi inquinati. Il clordecone è quindi ricomparso in grandi quantità nei sedimenti fini dei fiumi costieri delle Antille francesi dopo più di 20 anni, portando a una contaminazione generalizzata dell’ambiente»