Didattica a distanza, più difficile per le famiglie che per i ragazzi

DIDATTICA A DISTANZA

Un genitore su tre ha dichiarato di aver gestito con difficoltà la Dad, la didattica a distanza, soprattutto per ragioni di lavoro, ma allo stesso tempo ha notato anche «spazi di crescita» dal punto di vista dell’organizzazione (61%) e dell’autonomia (70%) nell’utilizzo delle tecnologie digitali destinate alle attività scolastiche. Non solo: a fronte di un numero stimato e preoccupante di un terzo della popolazione in età scolare non raggiunta dalla Dad, prevalentemente per motivi di connessione e di strumentazione, emerge che il governo italiano ha stanziato ingenti risorse in device e giga per i ragazzi delle famiglie – spesso quelle numerose – che non ne avevano per tutti.

Questi i risultati dello studio pubblicato lunedì 8 febbraio “La didattica a distanza durante l’emergenza COVID-19: l’esperienza italiana” realizzato dall’ufficio di ricerca UNICEF – Innocenti e Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha indagato le esperienze di bambini e genitori con la didattica a distanza durante il lockdown causato dalla crisi COVID-19 in Italia. Lo studio è una “costola” di quello europeo comparativo realizzato dal Joint research center di cui Il Salvagente ha parlato nel servizio del numero di gennaio.

Didattica a distanza, con pochi mezzi

«L’aver riferito di una difficile gestione della Dad da parte delle famiglie non ha a che fare con una loro inadeguatezza, dovuta a scarsità di competenze tecnologiche, perché anzi, al contrario, le famiglie intervistate si sono dette al 92% in grado di sostenere i propri figli; si è trattato  soprattutto del fatto che anche i genitori stavano lavorando da remoto, e questo spesso rendeva molto difficile la gestione complessiva della Dad», spiega Giovanna Mascheroni, professoressa  associata di Sociologia dei media all’Università Cattolica, ricercatrice nel campo di bambini e internet dal 2007 che ha condotto lo studio per l’Italia. Inoltre, l’altro aspetto che ha portato le famiglie a riferire di una difficoltà nella gestione della Dad, è legato agli strumenti: «È emerso un divario digitale di primo livello – fa sapere la ricercatrice – proprio dal punto di vista dell’accesso materiale, prevalentemente nelle famiglie numerose – quelle con un numero di figli che va da tre a cinque – dove di fatto non c’erano computer per tutti, utilizzabili allo stesso momento». Le famiglie del campione intervistato, composte mediamente da quattro persone, hanno riferito di possedere in media tre smartphone, due televisori, due computer e un tablet in casa, a seguito dell’acquisto di nuovi dispositivi. Il 40% di esse ha dichiarato di aver ricevuto strumentazioni aggiuntive da parte della scuola.

Tra ansiosi e motivati

Importante sottolineare che, come nel caso della ricerca europea comparativa, il campione ha interessato oltre mille famiglie (1.028, per la precisione) «connesse», quindi, il dato relativo a situazioni familiari più svantaggiate è spesso indiretto e/o legato alle rilevazioni Istat: i ragazzi intervistati hanno età dai 10 ai 18 anni; quindi dalla fine della scuola primaria alla secondaria di II grado. Loro, in una percentuale che va dal 57 al 64% (60% nel caso della secondaria di secondo grado), si sono detti «motivati» dalla Dad; più in ansia i piccoli, rispetto al timore di non capire cosa dovessero fare e perché più sprovvisti di competenze tecnologiche. Il 6% degli intervistati ha, dunque, dichiarato di non aver seguito le lezioni per difficoltà di connessione alla rete; l’Istat, dal canto suo, ha stimato che un terzo dei ragazzi in età scolare non abbia potuto collegarsi a causa di questa mancanza di accesso.

Così come registrato dalla ricerca europea comparativa, ciò che per gli intervistati – in questo caso genitori – è mancato, è stato un supporto psicologico, legato al benessere complessivo dei propri figli; «Avrebbero ad esempio gradito più indicazioni su come gestire anche il tempo extrascolastico, delle linee guida su come affrontare un periodo così anomalo», riferisce ancora la professoressa Mascheroni.

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Tre milioni di ragazzi non raggiunti

Interessante anche il dato relativo al tempo trascorso on line perché, se da un lato è ovviamente aumentato per seguire le lezioni e per svolgere lavori assegnati, è diminuito quello per lo svago. Fondamentale, tuttavia, concentrarsi anche su quei tre milioni di ragazzi non raggiunti, talvolta citati dalla ministra Azzolina: «Anche i ragazzi intervistati nel nostro campione hanno effettivamente riferito che alcuni compagni non si erano mai collegati durante il lockdown», aggiunge Mascheroni. Del resto, anche una recente indagine condotta da Save the Children ha evidenziato che il 28% degli studenti tra i 14 e i 18 anni in Italia conosce almeno un compagno di classe che ha smesso di frequentare la scuola (a distanza o di persona) dopo il lockdown: potrebbero corrispondere ad un quarto quelli in età da secondaria di secondo grado che non si sono più iscritti dopo la chiusura delle scuole.

L’Italia è stato il primo Paese a mettere in campo la Dad in Europa e questa esperienza, «oggi diffusa nel nord Europa», può essere di aiuto per comprendere su quali leve sia importante insistere per prendere “il buono” che dalla didattica a distanza è emerso – come ad esempio il desiderio degli insegnanti di occasioni formative in questo senso – e colmare i vuoti emersi, come la difficoltà di raggiungere tutti gli studenti allo stesso modo, superando le disuguaglianze.

«Gli investimenti finanziari per sostenere la formazione degli insegnanti nell’uso della tecnologia digitale per l’insegnamento e il miglioramento delle infrastrutture nelle scuole costruire un sistema educativo più resistente» e «un’implementazione strategica del “facilitatore digitale” incluso nel Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) potrebbe essere vantaggioso per molte scuole», sono alcuni dei punti emersi dalla ricerca su cui insistere per il. Infine, come si legge nelle conclusioni, «se da un lato è necessaria maggiore ricerca per comprendere il pieno impatto della didattica a distanza sull’apprendimento e sul benessere dei bambini e dei ragazzi in Italia e nel mondo, dall’altro è rassicurante constatare che molti bambini e ragazzi in Italia si sono sentiti motivati a partecipare alla didattica online e si sentivano sicuri della loro capacità di apprendere anche in questo nuovo contesto».