Friend of the Sea, ente di certificazione sulla pesca responsabile, respinge le accuse mosse dalla Ong Changing Markets Foundation che nel report “Le false promesse della certificazione” aveva messo in evidenza criticità e stigmatizzato il lavoro di Fos in quanto “non è supportato né dalla comunità scientifica né dalle Ong a causa della sua mancanza di trasparenza e di partecipazione delle parti interessate”. Il Salvagente ha descritto l’8 maggio scorso i principali dubbi sollevati dal report sul mondo della certificazione. Friend of the Sea ci ha inviato una lettera per rettificare e rispondere alle accuse mosse da Changing Markets Foundation:
Standard migliorabili
“Ci teniamo a premettere che riconosciamo l’importanza dei benchmark che assegnano un valore alle certificazioni come la nostra in base a criteri prestabiliti, soprattutto quando il loro operato genera del criticismo costruttivo. Sappiamo anche che i criteri su cui si basa il nostro standard principale che certifica prodotti da pesca e acquacoltura sostenibile possono essere migliorabili. Infatti, alcuni aspetti particolari sono in continua revisione. Tuttavia, molte delle informazioni su cui si fonda lo studio e che ci interessano direttamente sono incomplete o non aggiornate.
“Siamo indipendenti dall’industria ittica”
L’associazione Friend of the Sea (Fos) è completamente indipendente dall’industria ittica. È stata fondata nel 2008 da Paolo Bray, un attivista ambientale che da oltre 30 anni si batte per la difesa e la conservazione dei mammiferi marini accanto alla Ong americana Earth Island Institute. Diversi studi recenti hanno concluso che il principale standard Fos che certifica prodotti da pesca e acquacoltura sostenibile è tra i più performanti (State of Sustainability Initiatives Review: Standards and the Blue Economy, International Institute for Sustainable Development, 2016; Evaluation and legal assessment of certified seafood, Froese & Proelss, in Marine Policy, Volume 36, Issue 6, 2012). Il report fa invece riferimento ad una verifica di Greenpeace di quasi 10 anni fa (pag. 50). Nel frattempo, il processo di auditing di Fos è migliorato notevolmente e, come si farà notare più avanti, da allora, abbiamo cercato più volte un confronto nel merito della verifica che ci è stato sempre negato.
I nostri criteri per dare la certificazione
Fos non ha approvato diverse flotte riconosciute invece da altri schemi di certificazione. Ci riferiamo alla flotta messicana che getta reti sui delfini; le flotte sudafricana e namibiana che praticano la pesca a strascico del merluzzo e la flotta indiana che pratica la pesca a strascico del gamberetto. Inoltre, dal 2012 abbiamo smesso di certificare prodotti indicati nello studio Froese & Proelss come provenienti da stock ittici sovra sfruttati.
I nostri requisiti per la pesca sostenibile comprendono:
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- Stock che non sono sovra sfruttati in conformità alle linee guida della Fao, gli enti regionali per la pesca e le autorità nazionali marine;
- Nessun impatto rilevante sui fondali marini;
- Metodi di pesca selettiva (max 8% di scarti);
- Tra le prese accidentali non deve essere presente alcuna specie inclusa nella Lista Rossa IUCN delle specie minacciate;
- Rispetto delle norme (TAC, no INN, nessun FOC, dimensioni delle maglie, dimensioni minime, MPA, ecc. ecc.);
- Bilancio energetico e annuale miglioramento dell’efficienza del carburante;
- Gestione dei rifiuti;
- Responsabilità sociale.
“Siamo gli unici riconosciuti in Italia”
Friend of the Sea è l’unico schema di certificazione riconosciuto da enti di accreditamento europei (Accredia in Italia) e internazionali, i quali, attraverso regolari audit e sorveglianze, hanno il compito di scrutinare e supervisionare il rispetto dello standard. Sul sito di Friend of the Sea sono presenti tutti gli audit report delle aziende certificate, come previsto delle linee guida della Fao (http://www.friendofthesea.org/fisheries.asp?ID=71). Le certificazioni sono aperte a obiezioni secondo specifiche procedure (http://www.friendofthesea.org/stakeholders.asp) che non comportano alcun costo per il soggetto che le sottopone, a differenza di quanto sostenuto nel report (pag. 51).
Per quanto riguarda le prese accidentali, secondo i requisiti richiesti dallo standard Fos, è consentito un livello massimo dell’8%, in accordo con le linee Fao. In considerazione del fatto che molte flotte praticano la pesca pelagica o quella con lenze e canne, abbiamo stimato che il livello medio di prese accidentali nelle aziende da noi approvate è inferiore al 5% e vicino al 2.5%. Non abbiamo nessuna evidenza che le flotte da noi approvate abbiamo infranto in alcun modo le normative nazionali.
Il rapporto con gli stakeholder
Lo studio afferma che “Fos non ha molto sostegno da parte di ONG e della comunità scientifica a causa della mancanza di trasparenza e di coinvolgimento degli stakeholder” (pag. 9). Non è corretto. Fos è stata fondata da Paolo Bray, direttore internazionale del Programma Dolphin-Safe della celebre ONG americana Earth Island Institute. Negli anni ha collaborato e collabora tuttora con diverse realtà internazionali del terzo settore, della ricerca e delle istituzioni come: Fair-Fish, Gesellschaft zur Rettung der Delphine, Worldrise, LIPU, Whale and Shark Conservation, Reef Propagation, RSPB, Pew Trusts, Università di Firenze, Università di Milano Bicocca, scuole secondarie di Hong Kong, svizzere e italiane, Governo albanese. Inoltre, Friend of the Sea è Membro Associato di Infofish/FAO e ha collaborato con Infosamak /FAO a progetti a supporto di cooperative di piccoli pescatori in Marocco. Infine, Friend of the Sea ha richiesto più volte a diverse Ong delle occasioni di confronto, molte delle quali non hanno risposto all’appello, inclusa Greenpeace.
Gli auditor sono tenuti a contattare tutte le parti interessate prima di condurre l’ispezione, come indicato nella procedura di certificazione (http://www.friendofthesea.org/public/catalogo/Circular%202%20041017.pdf). Le parti interessate e che si ritiene debbano essere informate durante il processo di certificazione includono:
i) l’organizzazione competente della gestione della flotta
ii) le associazioni del settore ittico
iii) le organizzazioni non governative locali per la protezione e la conservazione degli oceani.
La critica mossa dallo studio relativa al fatto che gli enti di certificazione di terza parte siano selezionati, nominati e pagati dalla flotta o dall’azienda (pag. 50) è un’opinione generale che vale per tutte le certificazioni internazionali come ISO, BRC, IFC, BIO, ecc.