Senza emergenza, nessun intervento?
In Veneto insomma c’è voluta un’emergenza ambientale e 190mila cittadini esposti alla contaminazione per prendere “di petto” la situazione. Ma nel resto d’Italia qual è la situazione? Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ascoltato sui Pfas in Veneto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, nei giorni scorsi ha dichiarato: “Sul territorio nazionale i primi monitoraggi delle due sostanze Pfas e Pfoa sono stati effettuati nelle Regioni Piemonte e Veneto, con la predisposizione di specifiche stazioni di monitoraggio”.
Le analisi a Milano: “Acque pulite”
A metà ottobre quindi 4 altre Regioni hanno avviato programmi di monitoraggio dei Pfas, ovvero Veneto, Piemonte, Lombardia e Lazio. Ma i dati a disposizione ci sono solo per le prime due.
Un caso virtuoso è quello di Milano dove dal 2010 è stato avviato il monitoraggio da parte di Mm Spa, Istituto Mario Negri e Fondazione Cariplo. In una nota Silvio Garattini, presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri: “Abbiamo effettuato diverse campagne di misura sulle acque potabilizzate raccolte da 21 pozzi. Le sostanze perfluorurate, quando rilevabili, sono presenti con concentrazioni inferiori di circa mille volte ai limiti imposti dal ministero della Salute alla Regione Veneto”.
Altre 9 Regioni controlleranno
A inizio 2017 il ministero ha sollecitato le Regioni alla predisposizione dei piani di monitoraggio dei composti Pfas nelle acque superficiali, sotterranee e negli scarichi e ad assumere tutte le iniziative di competenza volte a controllare i corpi idrici. Oltre a Lombardia e Lazio, si sono attivate, ha precisato il ministro “il Friuli Venezia Giulia, l’Umbria, la Val d’Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano, la Puglia, l’Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento che hanno predisposto programmi di monitoraggio per i Pfas”.