E’ una storia che parte da lontano, quella del Calcio sociale di Corviale, “il serpentone” progettato negli anni ’70 come nuovo modello abitativo alla periferia di Roma, lungo un chilometro, abitato da seimila persone, e divenuto fatiscente e degradato. Lì, dopo alcuni anni di attività nomade per la capitale, è approdata la sede del Calcio sociale, progetto di inclusione che parte dall’amore per il calcio e dalle sue regole ‘buone’ per fare attività formativa, sociale e umana.
Gli esordi di Massimo Vallati
Tutto inizia dall’infanzia di Massimo Vallati, un bimbo – oggi adulto e presidente di Calcio sociale – che ama il calcio da morire, e che come tanti della sua età passa i pomeriggi a rincorrere la palla con entusiasmo ed energia da vendere. Ma piano piano arriva la doccia fredda, perché Massimo entra a contatto con il rovescio della medaglia del calcio: “Il contrasto profondo tra la bellezza dello sport e la violenza degli stadi”, racconta Vallati. Lui è tifoso della Lazio e ben presto entra tra gli ultras: i cori, le trasferte, l’entusiasmo, l’amicizia, la condivisione, fino a che la curva si divide e a fare da contraltare agli Eagles supporter – i ‘buoni’ – nascono gli Irriducibili, “xenofobi e di estrema destra”. E così, in curva, durante Italia 90, quel “metro di distanza tra i due gruppi, mi fece pensare alle guerre tra vicini di casa, quella tra Palestinesi e Israeliani, quella nella ex Jugoslavia, perché l’odio era diventato più grande del concetto di sport”, prosegue Vallati, che da quel giorno decise di allontanarsi dal mondo del calcio, per molto tempo. “Un allontanamento vero, dettato da una ferita profonda”. Ma una decina di anni dopo, come accade con tutte le passioni, l’amore riaffiora. “Facevo volontariato a Monte Verde e pensai che sarebbe stato bello organizzare un torneo diverso: lo slogan doveva essere ‘cambiare le regole del calcio per ridisegnare le regole del mondo’; quella che stavamo avviando era una battaglia sociale e politica, innanzi tutto. E visto che il calcio è il più grande fenomeno sociale al mondo, aveva senso per noi partire proprio da lì per cambiare le cose”, sottolinea Vallati. (continua dopo la foto)
Un campo biodegradabile e una palestra di legno e argilla
Così è nato il Calcio sociale nel 2005 che dopo aver girovagato per la capitale, è approdato, non senza difficoltà “e anche molte perplessità” a Corviale, luogo allora identificato dalla Regione come uno spazio da occupare con questa attività. “All’inizio non eravamo per niente convinti di fare una cosa giusta a fermarci in quel posto, ma poi abbiamo accettato la sfida”, ricorda Vallati, mentre ripercorre tutto l’iter che ha portato alla realizzazione del Campo dei miracoli (così si chiama la sede), interrotto ad un certo punto anche dal Marrazzo gate (era stato infatti l’ex presidente della Regione Lazio a sostenere il progetto). Finalmente, tuttavia, sono partiti così i lavori che hanno portato alla realizzazione e all’inaugurazione nel 2014 di strutture pensate con l’obiettivo di seguire criteri e modalità etiche e di portare bellezza in una periferia così degradata: il campo da calcio è stato costruito in materiale biodegradabile (e addirittura commestibile); per la palestra sono stati usati legno, argilla, canniccio ed è stato eliminato il cemento grigio; il tetto, unico caso al mondo – 900 metri quadri – è stato totalmente ricoperto di scorze d’albero: 5mila cortecce messe insieme dalle comunità terapeutiche che partecipano a Calcio sociale, dai ragazzi, dai residenti di Corviale, e che rappresentano tutte quelle persone. Grazie a questa particolarità il Campo dei miracoli ha ricevuto nel 2013 il premio per lo sviluppo sostenibile alla fiera internazionale di Ecomondo. Da lì, poi, è stato tutto un susseguirsi di riconoscimenti: il Governo nel 2014 ha riconosciuto l’esperienza di Calcio sociale come ‘best practice italiana per lo sport e l’inclusione sociale ’. “E’ poi partito un progetto europeo che prevede lo studio dei benefici del calcio sociale esportando l’esperienza in Francia, Inghilterra, Bulgaria e Ungheria”, spiega Vallati mentre racconta anche di come il mondo universitario e scientifico sia interessato a studiare approfondire questa realtà. (continua dopo la foto)
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Un progetto di inclusione sociale
Perché, in fondo, Calcio sociale è un progetto di inclusione che si basa, nella pratica, su una società sportiva dilettantistica onlus, aperta a ragazze e ragazzi, adulti, uomini e donne, persone con disabilità, problemi di droga, penali, di disagio familiare che opera anche come attività di prevenzione: il calcio diventa una metafora della vita e si gioca sperimentando l’accoglienza e il rispetto della diversità nella convinzione, come recita uno degli slogan, che “vince solo chi si custodisce”. Il campo da calcio, insomma, si presenta come una palestra di vita, dove normodotati e persone disagiate stanno insieme: ognuno può fare richiesta di partecipare, dai 10 ai 90 anni, e una commissione tecnica si occupa di valutare gli inserimenti nelle squadre, che sono tutte equilibrate affinché nessuna parta svantaggiata per i tornei. “Non esiste la figura dell’arbitro, ma quella dell’educatore e del vice-educatore, alle squadre vengono assegnati dei coefficienti e accade anche che un disabile tiri un calcio di rigore che porta la squadra in finale!”, racconta Vallati. La componente agonistica non viene mai a mancare, ma ha lo stesso peso della condizione di parità in cui le squadre e i giocatori sono posti. E i partecipanti, oltre a prepararsi atleticamente e tecnicamente, seguono dei laboratori educativi parallelamente alla preparazione per le partite (questo è il senso dell’Accademia di Calcio sociale): “90esimo pensiero, ad esempio, è un ‘match’ in cui le squadre si confrontano su un tema e hanno 45 minuti di tempo per raccontarlo”. (continua dopo la foto)
L’attentato del 2015
Il Campo dei miracoli ormai è un punto di riferimento per le battaglie sociali e di legalità: nel 2014 è stato tappa dei campionati mondiali della Fifa perché a questa realtà è stato riconosciuto l’alto valore sociale e nello stesso anno, sempre a Corviale, si sono tenuti anche gli stati generali dell’antimafia. Perché la battaglia che è stata fatta contro la criminalità organizzata che pervadeva il quartiere è stata dura e incessante. E ha “portato anche, nello stesso giorno dell’attentato al Bataclan di Parigi, il 13 novembre del 2015, ad un attentato incendiario e intimidatorio al Campo dei miracoli: “Abbiamo reagito e deciso di presidiare quello spazio, non con delle guardie, ma con al presenza di una radio notturna, Radio Impegno, che racconta gli ostacoli e i progetti delle associazioni che a Roma si occupano di sociale. Non credevamo neanche noi che l’esperienza radiofonica, nata in quel modo, potesse proseguire, ma invece è passato già un anno e il 30 maggio festeggeremo il nostro primo anniversario”.