“Serve l’avvio di una nuova stagione di liberalizzazioni” per liberare risorse, tutelare il cittadino-consumatore e stimolare la crescita. Per farlo occorre però modificare l’assetto attuale del “Ddl Concorrenza perchè così com’è disattende le richieste dell’Antitrust di apertura del mercato dei farmaci, dei carburanti e delle professioni“. È lungo questa direttrice che Conad, in occasione della presentazione del X° Rapporto sulla legislazione commerciale di Ancd avvenuta oggi a Roma, propone la sua ricetta per uscire dalla crisi. “L’avvio di una nuova stagione di liberalizzazioni, il taglio della burocrazia e la garanzia della legalità – le tre chiavi di lettura del nuovo Rapporto – sono condizioni indispensabili per migliorare l’efficienza delle imprese e dare risposta alle aspettative dei cittadini. E sostenere la crescita del Pil oltre la soglia attuale, ferma a meno dell’1%”.
Farmaci “liberi”: 36 milioni di risparmio
Uno dei terreni su cui far ripartire le liberalizzazioni – ancora ferme alle “lenzuolate” di Bersani del 2006 – è l’apertura del mercato dei farmaci di fascia C. “Liberalizzare i mercati ancora protetti e sgravare Italia da vincoli di natura corporativa crea lavoro e aumenta i consumi”, spiega l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese. La misura, presente in una prima versione del Dll Concorrenza 2015, venne cancellata dall’attuale disegno di legge che attende ancora dopo due anni la prova dell’Aula di Palazzo Madama.
“Le farmacie, da anni osteggiano la liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C – ha spiegato Pugliese – ma hanno acconsentito a che il Ddl Concorrenza aprisse all’ingresso dei capitali nelle proprietà, che comporterà il nascere di catene di farmacie. Queste nuove realtà minacceranno l’esistenza delle piccole farmacie, ma Federfarma finge di non saperlo, continuando a fare la guerra alle parafarmacie, che detengono solo una piccola quota di mercato”.
L’Italia – si legge nel Rapporto – è il 4° paese europeo per spesa farmaceutica dopo Germania, Francia e Regno Unito. La spesa annua pro capite per medicinali di autocura è però di 41,2 euro contro i 65,4 euro della media Ue. Nel 2015 i medicinali senza obbligo di prescrizione (Sop) – la cui vendita è stata liberalizzata nel 2006 – hanno sviluppato un giro d’affari di circa 2.504 milioni di euro per 304 milioni di confezioni vendute, mentre i farmaci con ricetta mostrano vendite a valore pari a 15.019 milioni di euro e 1.562 milioni di unità (fonte: Assosalute). La liberalizzazione, per quanto parziale, ha comunque sortito i suoi effetti e consentito ai consumatori di risparmiare ogni anno una cifra importante. Tra il 2005 e il 2013 i prezzi dei medicinali Sop hanno registrato un aumento del 12%. Negli otto anni antecedenti alla riforma Bersani (1997-2005) l’incremento era stato del 35%.
Nel 2015 il prezzo medio praticato dai corner Gdo sui medicinali Sop è stato di 6,1 euro, più basso di quasi il 30% di quello praticato in farmacia, per le parafarmacie la differenza scende a circa il 9%. Ammonta a 36 milioni di euro il risparmio ottenuto dalle famiglie italiane nel 2015 grazie all’acquisto di medicinali fuori dal canale farmacia.
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La petizione per la fascia C
Per sostenere la liberalizzazione dei farmaci di fascia C, quelli pagati interamente dal cittadino ma acquistabili solo dietro prescrizione medica, Conad ha rilanciato la campagna Liberalizziamoci, una petizione che ha già raccolto 170mila firme e punta a far pressione affinchè governo e Parlamento tornino a legiferare in favore del cittadino-consumatore. Spiegano da Conad: “Se l’acquisto di queste specialità – antinfiammatori, antidolorifici, ansiolitici, anticoncezionali, per citare le categorie più comuni – passasse anche per il canale parafarmacia, come già avviene per Sop e Otc, si otterrebbe un risparmio annuo che va dai 450 agli 890 milioni di euro”.
Le maglie strette dei carburanti
L’altro terreno di “battaglia” per rilanciare le liberalizzazioni e aprire il mercato alla concorrenza, favorendo così prezzi più bassi, è quello della distribuzione dei carburanti. Come rileva un recente studio dell’Istituto Bruno Leoni, quello dei carburanti è uno dei comparti più chiusi dell’economia italiana, l’ultimo, per grado di apertura, tra gli equivalenti europei. La rete distributiva attuale, prodotto di una politica di aperture incontrollata praticata dalle insegne petrolifere, risulta obsoleta, numerosa e poco efficiente, saldamente in mano a pochi operatori. Il deficit di concorrenza che blocca lo sviluppo del settore è evidente: quasi il 90% della rete fa capo alle maggiori compagnie petrolifere, che controllano tutte le fasi critiche della filiera: dalla raffinazione alla logistica, fino alla distribuzione.
Una risposta efficace potrebbe venire dalle cosiddette pompe bianche se però il legislatore – centrale e regionale – smettesse di porrre degli ostacoli alle aperture. A fine 2016 erano attive 143 le stazioni di rifornimento a marchio Gdo in Italia – di cui 35 a marchio Conad –, distribuite prevalentemente al Centro-Nord e con la Lombardia che conta da sola il 26% di queste pompe.
Nonostante ciò la Gdo non in co-branding è in grado in Italia di operare con prezzi inferiori da 9 a 13 centesimi al litro rispetto ai distributori “colorati”. Se il ritmo di aperture seguisse il trend attuale si stima che da qui al 2025, con sole 350 le pompe, la Gdo sarebbe in grado di garantire un risparmio per la collettività di 204 milioni di euro.