Mentre in Italia la riparazione degli elettrodomestici rimane uno dei crucci maggiori dei consumatori, dall’altra parte del continente, in Svezia, chi aggiusta un oggetto comprato, riceve sgravi fiscali. Così dice la nuova legge sulle piccole riparazioni che prevede il dimezzamento dell’Iva per chi ripara tv, forni o biciclette, il tutto per incentivare uno stile di vita più sostenibile e meno conquista. Come sostiene il Wwf, “Il sistema di incentivi svedesi mira a rendere più conveniente la scelta ecologica collegando un vantaggio immediato alla scelta dell’individuo. Riparare e riutilizzare sostituisce il paradigma ‘buttare e comprare’ che si è affermato nei tempi moderni. L’iniziativa svedese mira poi ad affermare una vera e propria economia delle riparazioni, in grado di creare posti di lavoro”.
La situazione italiana
In Italia, come raccontato dal Test-Salvagente nel numero di novembre 2016, per lavastoviglie, lavatrici, frigoriferi, aspirapolveri e così via, la via della riparazione, apre le porte a un girone infernale non sempre trasparente e alla roulette di costi imprevedibili. E non è detto che il lieto fine sia assicurato. Se una chiamata del tecnico implica una spesa dai 35 ai 60 euro in media per la “visita del paziente”, il pezzo di ricambio è un terno al lotto. Quando si ha fortuna si trovano parti compatibili a prezzi più bassi, altrimenti bisogna prepararsi alla stangata della componentistica originale, più cara in proporzione alla qualità dell’elettrodomestico e alla fama del brand. Ma il vero incubo è sentirsi dire: “Non c’è nulla da fare, perché i pezzi di ricambio del suo modello non sono più in produzione”. Oltre al danno, in questi casi, la doppia beffa: si paga la visita e si rinuncia alla riparazione.
Decisi a tavolino
Da alcuni anni, di fronte a questi guai, è cresciuta la pressione dei consumatori sui produttori. L’accusa è “programmare” l’obsolescenza della propria merce, in modo che duri poco più della garanzia. Col risultato di costringere il cliente a comprare un nuovo modello. In quest’ottica, la scarsa reperibilità dei pezzi di ricambio dopo pochi anni, non aiuta chi rifiuta la logica dell’usa e getta.
Il confronto tra aziende
Per andare incontro alle lamentele dei consumatori, alcuni Stati europei, oltre la Svezia, hanno varato maggiori tutele. La Francia ha approvato una legge specifica, e diversi paesi estendono la garanzia minima dei prodotti venduti nei loro territori oltre i 2 anni previsti dall’Ue. Nulla di tutto questo sembra accadere in Italia su impulso delle istituzioni, a parte tre proposte di legge contro l’obsolescenza programmata a rma M5S, Pd e Sel depositate lo scorso luglio e mai discusse in Aula. Sull’argomento, l’Associazione nazionale dei produttori di apparecchi domestici e professionali, interpellata dal Test-Salvagente alza le spalle: “Non è un argomento che ci riguarda, perché rientra nel rapporto tra singole aziende e consumatori. Non parliamo di leggi che non esistono ancora. Quando ci sarà una leg- ge sull’estensione di garanzia, la rispetteremo. Al momento il singolo produttore deve rispet- tare la normativa europea e garantire i pezzi di ricambio per quell’arco di tempo”. Per fortuna, le aziende più lungimiranti non la pensano tutte così, come dimostra la tabella riportata qui.
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