Funky Tomato, il pomodoro Slavery-free cresce e produce anche in Campania

Tra le tante brutte notizie che arrivano dall’agricoltura italiana, tra crisi e storie di sfruttamento nei campi, esistono anche felici eccezioni. É il caso di Funky Tomato, l’impresa nata in Basilicata dal rifiuto del caporalato e del lavoro nero, per produrre conservati da pomodoro di qualità e “Slavery-free”. Funky Tomato, di cui il Test Salvagente aveva già parlato inserendolo tra i pochi casi di etichette trasparenti in Italia, ha lanciato la campagna di prefinanziamento 2016, con una prova dell’ottima intuizione: quest’anno le conserve di pomodori verranno prodotte non solo dalle tre aziende lucane di Venosa, Grassano e Cancellara, ma anche da un’azienda contadina e quattro cooperative sociali, che impiegano persone svantaggiate, in Campania, tra Battipaglia, il Cilento, il Vesuvio e Napoli. Come riporta La Stampa, nel 2015 Funky Tomato, per cui si è costituita l’associazione “Fuori dal Ghetto” che ha prodotto circa 180 quintali di pomodori raccolti con il rispetto dei lavoratori, regolarmente contrattualizzati, nei campi di Palazzo San Gervasio, San Ferdinando di Puglia e Grassano, distribuendo circa 18mila vasetti di conserve, soprattutto a ristoranti e pizzerie di tutta Italia, ma anche a gruppi d’acquisto.

Come acquistare con lo sconto

Ecco come funziona la campagna di prefinanziamento: esistono due tipologie di prezzi a seconda che il contributo arrivi in preproduzione o a produzione conclusa. In entrambi i casi è previsto uno sconto per chi acquista più di 1.000 unità. C’è un ordine minimo da rispettare (con spedizione inclusa) di 360 unità circa. Se anche l’ordine minimo è eccessivo per le proprie tasche e necessità, Funky Tomato mette il consumatore in contatto altri potenziali clienti vicini, per un acquisto collettivo. Sul sito www.funkytomato.it è possibile conoscere tutti i dettagli della produzione, incluse percentuali di costi tra lavoro, trasformazione e distribuzione, oltre ai nomi e cognomi dei promotori.