Come previsto, la Commissione europea ha esteso la licenza per glifosato per 18 mesi. Il Commissario Salute Vytenis Andriukaitis ha annunciato all’ultimo minuto (la licenza sarebbe scaduta il 30 giugno) il ri-licensing, nonostante non sia riuscito per tre volte di fila a ottenere una decisione a maggioranza degli stati membri dell’Unione Europea.
Il colpo di mano della Commissione europea, dunque, è stato di autorizzare il discusso pesticida nella Ue, nonostante appena 5 giorni fa, il 24 giugno, i membri della Ue non avevano concordato sul rinnovo. Malta e Francia hanno votato contro mentre si sono astenuti Germania, Italia, Portogallo, Austria, Lussemburgo, Bulgaria e Grecia.
COS’È IL GLIFOSATO
È l’erbicida sintetizzato per la prima volta nel 1950 da un chimico svizzero e commercializzato 24 anni dopo dalla Monsanto con il nome di Roundup. Il glifosato è un erbicida impiegato sia su colture arboree che erbacee e aree non destinate alle colture agrarie (industriali, civili, argini, scoline). È utilizzato in 750 prodotti per l’agricoltura ma il più noto resta quello della Monsanto.
IL BOOM? CON GLI OGM
L’impiego è cresciuto negli anni di pari passo con le coltivazioni transgeniche: basti pensare che il consumo dell’erbicida è passato dai 67 milioni di chili del 1995 (l’anno precedente ai primi campi Ogm) agli 826 milioni di chili nel 2014. Numeri impressionanti, soprattutto se si tiene conto che il volume di glifosato spruzzato è sufficiente per trattare tra il 22 e il 30% dei campi coltivati al mondo. Nessun pesticida è mai stato irrorato in maniera così vasta nella storia.
LA CONDANNA DELLO O IARC
A marzo del 2015, l’Agenzia per la ricerca sul cancro ha classificato il glifosato come un “probabile cancerogeno per l’uomo” e come tale lo ha inserito nel gruppo 2A (66 sostanze e fattori di rischio, tra cui l’acrilamide e le carni rosse, il bitume, i fumi da combustione di legna). Lo studio – pubblicato su The Lancet Oncology – è stato condotto da un gruppo di 17 esperti che hanno svolto una revisione delle ricerche sull’esposizione di uomini e modelli animali al glifosato (puro o in un mix con altre sostanze). L’indagine ha concluso che “le prove che l’erbicida causi il cancro negli animali sono sufficienti”, mentre sono “forti quelle riguardanti la genotossicità (cioè la capacità di danneggiare il Dna)” del prodotto. Finora l’esposizione ai pesticidi era risultata correlata a un aumento dei casi di leucemie infantili e malattie neurodegenerative, Parkinson in testa. Dal nuovo documento emerge invece una forte correlazione epidemiologica tra l’impiego del glifosato (riscontrato anche nel sangue e nelle urine degli agricoltori) e il linfoma non-Hodgkin.
L’ASSOLUZIONE DELL’EFSA
A novembre 2015, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha aggiornato il profilo tossicologico del glifosato concludendo che è improbabile che il pesticida sia genotossico o che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo. Allo stesso tempo, l’Efsa ha proposto ulteriori soglie di sicurezza tossicologica come guida per i valutatori del rischio: il livello ammissibile di esposizione dell’operatore (Laeo) è stato fissato a 0,1 mg/kg di peso corporeo al giorno e la dose quotidiana ammissibile (Dga) per i consumatori è stata fissata a 0,5 mg/kg di peso corporeo, in linea con la dose acuta di riferimento.
La revisione dell’Autorità tiene conto dell’esito di sei studi tra cui quello condotto dall’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (Bfr), reso noto poco dopo la classificazione della Iarc. Il Bfr, come l’Efsa, ha concluso affermando la non cancerogenicità del glifosato. Tuttavia questo studio – su cui si è ampiamente basata l’Autorità europea – è stato accusato di scarsa indipendenza. Gli scettici, infatti, hanno dimostrato il coinvolgimento diretto di alcune aziende produttrici di fitofarmaci che, nascoste dietro al nome di Glyphosate task force hanno diretto lo studio e le sue conclusioni.
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DOCUMENTI SECRETATI
A minare ulteriormente “l’assoluzione Efsa” i documenti pubblicati in questi giorni dalla Ong Corporate Europe. L’associazione a dicembre 2015, aveva chiesto di poter visionare tre studi, di proprietà di Monsanto, Cheminova e Arytsa, ritenuti centrali per la valutazione dell’Authority europea sulle caratteristiche cancerogene del glifosate ma mai resi disponibili allo IARC. Risultato? Tutto “Top secret”, le aziende continuano a rifiutare la divulgazione, negoziando le sintesi con l’EFSA e la Commissione. Un comportamento che di certo non testimonia volontà di trasparenza.