Una doccia gelata sulla possibilità di detrarre, tra le spese scolastiche, anche la mesa dei propri figli. I Caf, i Centri di assistenza fiscale, starebbero rifiutando propri i bollettini della refezione scolastica da portare in detrazione nella dichairazione dei redditi. Il motivo? Le spese per la mensa non sono deliberate dalle scuole, ma dal Comune e finiscono nelle casse comunali e non alla scuola.
Quindi per molti Caf la mensa non è ammessa e visto che l’intermediario deve apporre al 730 precompilato il visto di conformità, assumendosi così le responsabilità ed esonerando il contribuente da eventuali contestazioni del Fisco, stanno rifiutando la detrazione: “Spetta ora all’Agenzia delle Entrare chiarire“.
La circolare del 2 marzo: refezione detraibile
La riforma della Buona scuola aveva previsto la possibilità di scaricare i costi sostenuti per l’istruzione fino a un tetto massimo di 400 euro a figlio. Una norma che aveva fatto sorgere il sospetto che il beneficio fosse in realtà rivolto solo a chi frequenta le scuole private: dalle rette annuali alla tassa d’iscrizione fino alla tariffa per la refezione.
Tuttavia la Circolare 3/E del 2 marzo scorso dell’Agenzia delle Entrate sembra non far distinzione tra pubblico e privato e specifica che “le tasse, i contributi obbligatori, nonché i contributi volontari e le altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica”, tra cui “la tassa di iscrizione, la tassa di frequenza e le spesa per la mensa scolastica”, rientrano fra gli importi detraibili.
“Intervenga l’Agenzia delle Entrate”
Ma proprio alla vigilia del 2 maggio, il giorno in cui si potranno modificare le dichiarazioni precompilate dal Fisco, dai Caf arriva il niet e una richiesta di chiarimento: “Le tariffe per la mensa sono deliberate dal Comune e gli introiti finiscono nelle casse municipali. L’Agenzia delle Entrate intervenga al più presto”. Altrimenti addio mensa detraibile.