Prende avvio il progetto di part-time agevolato destinato ai lavoratori dipendenti del settore privato in possesso di determinati requisiti. La scelta non sarà facile ma certamente condizionata dall’attuale periodo di congiuntura, con salari di fatto fermi da oltre 10 anni e una crisi economica inarrestabile che da quasi 8 anni falcidia il potere di acquisto delle famiglie.
Cos’è e chi può beneficiarne
D’intesa con l’azienda, il lavoratore che abbia versato contributi all’INPS per almeno 20 anni e che raggiunge il requisito dell’età pensionabile previsto per la pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018, potrà chiedere la “trasformazione” del suo contratto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo ridotto, con una contrazione di orario compresa fra il 40 ed il 60% rispetto all’orario normale.
Per tutto il periodo di lavoro successivo, e sino al perfezionamento del diritto a pensione, riceverà in busta paga una retribuzione riferita alle ore lavorative effettivamente prestate e in aggiunta una somma “a compensazione” pari all’importo dei contributi a carico del datore di lavoro e riferita alle ore di lavoro (non lavorate) cui si sia rinunciato con l’adesione al part-time.
Al momento del pensionamento, lo Stato “riconoscerà” al lavoratore tutta la copertura figurativa corrispondente all’attività lavorativa non effettuata al fine di garantire e mantenere inalterato l’importo di pensione che si sarebbe ottenuto se non si fosse aderito al part-time.
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Una scelta irreversibile, meglio valutare con calma
Per una scelta ponderata e giusta, non conviene agire d’impulso. Una volta verificata la propria situazione previdenziale e quella familiare (per gli anni che seguiranno nell’immediato), sarà necessario chiedere, anche rivolgendosi al gratuito patrocinio di un patronato di fiducia, la certificazione che comprovi il possesso del requisito contributivo dei 20 anni e il raggiungimento dell’età pensionabile entro il 31/12/2018. Soltanto dopo essere venuti in possesso di tale documentazione, sarà possibile procedere alla stipula del nuovo contratto di lavoro, da tempo pieno a part-time, tenendo presente che tale scelta, una volta compiuta, sarebbe irreversibile e non potrà essere di durata inferiore al periodo che manca per la pensione.
In passato scelte analoghe (basti citare il TFR in busta-paga) non hanno prodotto risultati apprezzabili ma, visto come cambia il sistema pensionistico, risulterebbe certificato per legge il diritto alla pensione piena e nessuna norma successiva potrebbe rimetterlo in discussione.
A nostro avviso, è improbabile – ed è scorretto lasciarlo credere oggi – che la manovra possa portare ad un “ricambio generazionale” nel mondo del lavoro che neanche la “vecchia” pensione di anzianità riusciva realmente a consentire. Il rilancio dell’occupazione potrà ottenersi soltanto in base ad a tre ineludibili condizioni: un congruo abbattimento dell’insostenibile costo del lavoro, l’abbattimento dell’Irpef ma facendo pagare tutti, e dalla riscoperta dell’apprendistato che dovrà essere rivisto su basi nuove e più moderne.