Vi ricordate il caso dell’imballaggio non riciclabile di alcune referenze di Giovanni Rana? C’è chi ha saputo fare di meglio. E’ il caso di Bonduelle che per le sue insalate “freschissime” ha messo a punto un packaging a primo impatto somigliante a quello delle paste ripiene ma riciclabile. Si tratta di una confezione dall’aspetto rustico-casereccio. La busta è formata da uno strato di carta accoppiato a un secondo strato di plastica ed è riciclabile secondo la norma Aticelca-Associazione tecnica italiana per la cellulosa e la carta 501/13 (un metodo di analisi per gli imballaggi in carta e prodotti a base cellulosica). Nonostante sia un multimateriale, la busta è riciclabile insieme alla carta e al cartone. Questo significa – come spiega a il Test-Salvagente Eliana Farotto, Responsabile Ricerca e Sviluppo di Comieco – che i due materiali, carta e plastica, non si disturbano tra di loro. Ovvero che la quantità di plastica, pari al 15%, è tale da non disturbare il ciclo produttivo in cartiera.
Le “maglie” della raccolta di carta e cartone si sono allargate in concomitanza con la carenza di fibre vergini contenute principalmente nella carta per scrivere (i giornali, ad esempio). Pur di non farne a meno perché altamente performante, l’industria cartaria ha ripiegato sulla carta a contatto con gli alimenti composta da questo tipo di fibre, anche se accoppiata con altri materiali. Della serie, meglio poco che niente.
La scelta di Bonduelle di optare per un imballaggio green è lodevole dal momento che non c’è nessuna normativa che obbliga i produttori a scegliere una confezione riciclabile e tanto meno ad indicare in etichetta la modalità di conferimento. Resta, tuttavia, un dubbio di fondo: perché per i consumatori non valgono le stesse regole delle aziende? Alle famiglie spiegano di avere cura nel separare le confezioni formate da più materiali (l’oblò di plastica di alcune confezioni di spaghetti, ad esempio) mentre all’industria è concesso di essere meno attenta.