L’uso di pesticidi continua a far discutere e a suscitare preoccupazioni. Neanche il tempo di digerire la notizia dell’abbandono della Toscana da parte di Aboca, azienda leader del biologico italiano, che proprio ieri ha annunciato di essere stata costretta ad abbandonare i 700 ettari di terreni della Valtiberina e a delocalizzare in Marocco a causa della presenza di troppi pesticidi, che a far preoccupare arrivano i risultati di una ricerca americana, pubblicata di recente.
Secondo lo studio di un gruppo di ricercatori della Geroge Washington University vi sarebbe infatti una correlazione tra l’assunzione, fin dall’infanzia, di cibi contaminati da inquinanti ambientali organoclorurati e il rischio infertilità. A dimostrarlo sarebbe l’analisi effettuata su un campione di 90 uomini (scelti casualmente in un campione di centinaia di soggetti che avevano dato la loro disponibilità) tra i 22 e i 40 anni delle isole Faroe.
La scelta del luogo in cui condurre l’indagine è significativa perché la popolazione delle Isole Faroe è esposta a livelli più elevati di inquinanti organici persistenti rispetto ad altre popolazioni. Ciò dipende dalla dieta degli abitanti di quei luoghi, caratterizzata da un grande consumo di carne e grasso di balena, in cui si accumulano pericolosi pesticidi utilizzati in agricoltura.
L’osservazione è stata molto complessa e approfondita e ha richiesto anni di analisi che alla fine hanno accertato – sono queste le conclusioni dei ricercatori – che l’assunzione fin dalla giovane età (a 33 volontari della ricerca sono stati prelevati campioni ematici all’età di 14 anni) di cibi contaminati da pesticidi sarebbe responsabile dell’aumento del rischio di infertilità.
Ad avvalorare i risultati della ricerca, il fatto che mentre studi precedenti sul rapporto tra inquinanti e sperma erano stati condotti specificamente su uomini per cercare un trattamento per l’infertilità, questo studio ha reclutato uomini tra la popolazione faroese generale, con stile di vita ed esposizioni a fattori inquinanti omogenei.
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