L’Epa, l’agenzia americana per la protezione dell’ambiente, ha aperto un secondo fascicolo contro Volkswagen. Al centro dell’indagine appena avviata vi sarebbe un secondo dispositivo installato sui motori diesel con sigla EA 189, ovvero gli stessi propulsori già al centro dello scandalo delle emissioni falsate dal software appositamente studiato per aggirare i rigidi test antinquinamento americani.
Ora la notizia di un secondo dispositivo, di cui però ancora non si sa molto: sembra che la casa tedesca ne abbia infatti appena ammesso l’esistenza e in questi giorni l’Epa è al lavoro per chiarirne natura e scopo.
La scoperta di questo secondo dispositivo apre nuovi scenari nel dieselgate che non solo non si ferma, ma aggiunge dubbi e preoccupazioni ai clienti in possesso di un veicolo del gruppo Volkswagen.
VERSO I TEST SU STRADA
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Intanto, nelle sedi europee, è in corso una vera e propria battaglia. La Commissaria UE al mercato interno, Elzbieta Bienkowska, che sostiene la necessità che gli stati membri votino a favore delle nuove regole per i test su strada il prossimo 28 ottobre, incontra grandi resistenze politiche e tante divergenze tra i tecnici dei diversi paesi. Bruxelles chiede di modificare profondamente la materia dei test antinquinamento: in particolare, la proposta ammetterebbe uno scostamento massimo fino al 60% tra emissioni rilevate su strada e in laboratorio, mentre oggi la tolleranza è addirittura del 400-500%. Il limite di emissione degli ossidi di azoto rimarrebbe invece invariato: 80 mg/km.
Dopo un periodo transitorio (settembre 2017 – settembre 2019), non saranno più ammesse discrepanze tra valori dichiarati dal costruttore e valori reali.